giovedì 30 ottobre 2014

Seminario del 27 settembre 2014. Docente invitato: François Ansermet

Presentazione di Luisella Brusa
François Ansermet è psicoanalista. Da lunga data è membro dell’École de la Cause freudienne, oltre che della New Lacanian School. È docente di Psichiatria dell’infanzia presso l’Università di Ginevra, primario del Servizio di psichiatria del bambino e dell’adolescente dell’Ospedale universitario di Ginevra, professore a Losanna. È fondatore di Agalma, a Ginevra, associazione per la ricerca su Arte, Scienza e Psicoanalisi. Membro del comitato consultativo nazionale di etica in Francia, a Parigi. Ciò che lo ha fatto apprezzare, negli ultimi anni, ben al di fuori del campo psicoanalitico, è il suo impegno sulle questioni più scottanti della clinica psichiatrica, psicoanalitica e sociale. È riuscito in qualche cosa che raramente riesce agli psicoanalisti, cioè è diventato una vera autorità in campo medico. Alcune sue pubblicazioni sono state tradotte in italiano: A ciascuno il suo cervello. Plasticità neuronale e inconscio, con Pierre Magistretti, sulla questione scottante del rapporto fra psicoanalisi e neuroscienze; Clinica dell’origine. Il bambino tra medicina e psicoanalisi, in cui deposita i suoi anni di lavoro e di esperienza nella clinica psichiatrica per l’infanzia; Gli enigmi del piacere, con Pierre Magistretti; e l’ultimo pubblicato Autismo. A ciascuno il suo menoma. Il suo lavoro verte su neuroscienze, procreazione assistita, bambini prematuri, transessualismo… tutte questioni d’attualità a cui lavora da trent’anni. 


Relazione di François Ansermet.
Oggi è il 27 settembre, siamo vicini al periodo tra il 19 e il 23 settembre, quando Lacan ha comunicato al Congresso di Royaumont una conferenza su Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano. Era il 1960, oggi siamo nel 2014 e, per rispondere alla vostra richiesta, mi domandavo come leggere questo testo attualmente, cercando quindi di non leggerlo come un testo dottrinario, o in modo religioso, ma in rapporto a quel che ci insegna oggi.  Si tratta di leggerlo in rapporto all’attualità e in relazione al Lacan che è venuto dopo, in particolare dopo il Seminario XX. Al tempo stesso, le questioni che questo testo pone restano presenti ma il contesto è cambiato: il contesto sul desiderio, sulle mentalità, sullo statuto del Super-Io, sulla questione del godimento e del godimento visto come un diritto, e non soltanto il desiderio come diritto. Il fatto che il contesto sia cambiato dà una nuova incidenza al testo, dei significati nuovi. 
Come tenterò di fare alla fine della mia relazione, possiamo anche leggerlo retrospettivamente a partire dall’ultimo Lacan, vale a dire quello del godimento, del reale, in particolare in relazione all’Atro godimento, al godimento supplementare, femminile, Altro rispetto a quello retto dal fallo. Il fallo implica un legame tra la questione del godimento e il linguaggio. È il problema contemporaneo del godimento, tra il parto per procura, il transessualismo, la procreazione nei transessuali…, siamo in una dialettica che stacca nettamente la questione del godimento da quella del linguaggio, ed è quello che si vede un po’ in prospettiva nella fine del testo che mi chiedete di commentare, intorno a S(Ⱥ)[S di A maiuscola barrato] che è il punto di giuntura tra questo testo e l’ultimo Lacan.
Tutto il testo gira intorno al grafo del desiderio. Non penso che questo grafo debba esser letto come un insieme di formule fisse per decifrare la clinica o la propria vita, non bisogna prenderlo in modo statico. Forse riuscite a farlo, tutte le mattine guardate il vostro grafo del desiderio e vi domandate: a che punto sono con l’Altro, con l’io (moi), con lo i(a) gli oggetti immaginari, con $ <> a [S barrato losanga di a] il fantasma, con il d minuscolo la domanda? A che punto sono con $ <> D [S barrato losanga D] che è la pulsione? E quale prospettiva mi apre S(Ⱥ)[S di A maiuscola barrato]? Quindi, fate uno schema e in ogni casella mettete un indice, e al rapporto del “che vuoi?” dell’Altro iniziate la giornata, con tutta la chiarezza possibile sul vostro desiderio e vivete secondo il vostro desiderio. Questo lo si può fare solo a Milano, in Svizzera siamo tormentati, siamo pieni di conflitti e non riusciamo ad utilizzare questo schema... ho cercato di informatizzarlo per mettere ogni cosa nella casella giusta: non funziona. Stiamo giochiamo un po’…
Questo schema implica innanzi tutto delle articolazioni, quello che conta sono le frecce e le direzioni delle frecce tra i diversi elementi. Ci sono dei termini che si articolano gli uni con gli altri, se andiamo a toccare uno di questi termini tutto si modifica, ci sono delle conseguenze. Ogni esperienza, ogni atto del soggetto, il suo desiderio, la messa in gioco della pulsione, il suo fantasma, condizionano tutta l’esistenza in funzione di queste articolazioni.  
Rileggendolo il testo ho avuto bisogno di dirmi questo, perché altrimenti si ha una sorta di pulsione matematico-scientifica che porta ad utilizzare questo schema in modo riduzionista. È interessante leggere nel Seminario V la costruzione di questo schema.
Penso che questo schema sia complicato, e vorrei riprenderlo nella sua costruzione.  
Il punto di partenza è la catena significante e, in modo retroattivo, vi è l’intenzione vitale. L’intenzione vitale è retroattiva rispetto alla catena significante. È uno schema logico, non cronologico. Questo schema dice il divenire in un movimento di retroazione. Lo sviluppo non è una semplice freccia che va dalla causa all’effetto, bensì un insieme di retroazioni che si concatenano le une con le altre.
Il vettore iniziale è quello che Lacan chiama il bisogno organico, che per manifestarsi, per essere soddisfatto, deve passare attraverso il luogo dell’Altro. Passando attraverso il luogo dell’Altro si perde qualcosa. Rivolgersi all’Altro crea un effetto di ritorno sul soggetto. Il titolo è questo: c’è una sovversione del soggetto per il  fatto di passare inizialmente attraverso l’Altro. Altro inteso come l’Altro del linguaggio. Passare attraverso l’Altro snatura il bisogno, in altre parole il bisogno diventa desiderio. Quindi, vi è una sovversione del soggetto e una dialettica del desiderio.
A tutti piacerebbe essere animali, ma non animali domestici, animali che non hanno mai incontrato l’uomo, avremmo così un programma, delle istruzioni per l’uso, in ogni situazione ci sarebbe  un modo di affrontarla. Non ci sarebbe lo snaturamento, da cui risulta la pulsione, nel piano superiore del grafo, la domanda, il fantasma, il godimento... tutti affari complicati che fan sì che l’uomo non sia dov’è, e che sia perduto per sempre. 
L’essenziale dello schema a destra è che il bisogno diventa desiderio, snaturandosi nel passaggio attraverso il luogo dell’Altro. Il desiderio lacaniano, e la libido freudiana segnata dall’Altro, dal significante, dal senso, è preso tra la causa del desiderio e l’obiettivo del desiderio, come nel Seminario X.  Il desiderio è complicato perché, a volte, il punto di mira del desiderio non corrisponde alla causa del desiderio: questa è la clinica dei nevrotici. Ma il desiderio implica la libido (Freud), l'intenzione vitale deve passare per l’Altro.  
Si realizza una sovversione del soggetto che in realtà è una sovversione del bisogno giacché questo diventa desiderio passando, per il soggetto, attraverso l’Altro. Attraverso l’Altro anche nel senso dell’inconscio, come discorso dell’Altro. 
Immediatamente, non siamo più nel registro del bisogno, e abbiamo delle sovversioni in serie: l’Altro dell’inconscio, l’Altro del linguaggio, questi sono vicini, e la sovversione del soggetto. Nello schema Lacan si è preoccupato di mettere delle frecce che vanno un po’ in tutti i sensi. 
Come si vede nel primo circuito del grafo, l’Altro è un  operatore di snaturamento. Siamo nell’antinaturalismo di Lacan. Dobbiamo dire naturalismo di Freud e antinaturalismo di Lacan?  Non necessariamente. C’è stata un’autogiustificazione freudiana positivista e una corrente post-freudiana positivista, ma con i concetti di “pulsione” e d’”inconscio” Freud era già antinaturalista.
Dal momento in cui il desiderio entra in gioco non c’è più regolazione. Il bisogno è omeostatico, equilibrato, il desiderio squilibra, non è più regolato in questo modo. Regolate il vostro termostato per avere 22°, e con il desiderio avete -40° o + 40°, sopprime ogni regolazione, introduce un’aberrazione fondamentale. 
In questo testo del 1960, mi sembra che il desiderio contenga già una certa idea del godimento, leggibile retrospettivamente secondo il Lacan di Ancora e di quello che seguirà, bisogna cioè considerare la questione del desiderio come al di là della natura, e fare un salto fino all’ultimo Lacan, perché quello che è contenuto in questa prima intersezione, e che si rapporta al secondo piano fino a S(Ⱥ)[S di A maiuscola barrato], è la sovversione del soggetto nel desiderio. Potremmo riscrivere: sovversione del soggetto e incidenza del godimento. Mi sembra che il modo in cui Lacan tratta il desiderio sia una concatenazione tra desiderio e godimento. Ho letto questo testo, ho fatto dei piccoli schemi dove mi dicevo: si può, di tanto in tanto, mettere il desiderio dal lato della legge simbolica o lo si poteva mettere  fuori senso, fuori legge, dal lato del godimento. Mi domandavo come leggere questo testo per pensare il mondo contemporaneo: pensare l’eccesso, il tutto, il subito, l’iperattività... tutte le forme contemporanee della clinica, una clinica che si fa sotto la pressione dell’esigenza insaziabile di quello che è perduto. 
In questo schema, si capisce che il bisogno deve passare per l’Altro, che l’Altro è anche connesso in modo indiretto con un’Altro barrato. Lacan sarebbe potuto restare al primo piano del grafo, nel secondo si sale con il fantasma e la domanda, per trovare la pulsione e S di A barrato. Quando si legge il testo, il problema è A maiuscolo da un lato e A maiuscolo barrato A dall’altro: perché ha avuto bisogno di barrare questo A? Questo testo indica qualche cosa del godimento.
Sono consapevole che sto facendo una lettura retrospettiva. Ho fatto una sovversione del testo, nella dialettica del godimento. Faccio con questo testo quello che questo testo ci insegna. 
Oggi siamo in una clinica dell’eccesso, dell’esigenza insaziabile, della sezione, del taglio, della ricerca dell’oggetto al di là  di sé, oggetto perduto che non si ritrova. Ciò c’è già in questo testo, perché  la libido è ricerca di un oggetto al di là di sé, come la pulsione orale che fa il giro dell’oggetto sottratto, oggetto a che si recupera barrando il rifiuto, per esempio. Oggi  il mondo si è organizzato in modo economico intorno a degli oggetti moderni, degli oggetti gadget, che formulano la promessa  di dare quel che è perduto, degli oggetti plusgodere, o oggetti articolati con il plusgodere. Come dice Lacan, gli oggetti di plusgodere prendono corpo da quello che è stato tagliato dall’Io.  La posta in gioco alla fine di questo testo è tra A e A barrato, il fatto di correr dietro a questi oggetti sottratti con degli oggetti gadget, articolati con il plusgodere, che non si possono lasciare... quando si vuole tutto subito... ciò che fa sì che si è totalmente assorbiti, sempre collegati, sempre on-line, nella situazione di un corpo iperattivo, di un bisogno iperattivo, o, per restare nei termini del testo di Lacan, di un'intenzione vitale divenuta iperattiva. Leggo questo testo con il Seminario V, dove Lacan sviluppa la questione della intenzione vitale, è un testo sul vivente, il destino sul vivente. L’intenzione vitale è divenuta iperattiva, si connette con degli oggetti plusgodere, molteplici. Il plusgodere è presente per tappare l’angoscia. È il mondo contemporaneo: angoscia e oggetti plusgodere per otturarla. Si è portati nell’aldilà del principio di piacere, nel colmo della sovversione, aldilà di ogni possibilità di regolazione dal punto di vista omeostatico. 
Nel modo in cui è posto in questo testo, il desiderio è un fattore antiomeostatico, per questo sovverte il soggetto. Anche l’inconscio è antiomeostatico. Siamo al di là del principio di piacere, in tedesco si dice Jenseits cioè dall’altra parte. È più chiaro Jenseits che non al di là. Al di là in francese, come in italiano, è completamente da un’altra parte, mentre Jenseits è veramente l’altra riva, vuol dire che c’è qualcosa di diabolico: se si va sulla riva del piacere si è anche sulla riva del dispiacere, sono le due rive dello stesso fiume. C’è un legame indissolubile tra piacere e dispiacere, in un godimento che tracima rispetto al soggetto. 
Ho situato il desiderio in rapporto alla libido freudiana, dicendo che il desiderio della libido freudiana è marcata dall’Altro, dal significante.
Jacques-Alain Miller, nel programma lacaniano, un testo pubblicato in Quarto, enuncia una formula importante rispetto a quello che stiamo trattando: il godimento è la libido più la pulsione di morte.
Guardando il grafo, che cos’è il godimento per Lacan  nel ‘60? Nel grafo inserisce il godimento, attraversa da S(Ⱥ)[S di A maiuscola barrato] verso $ <> D. Nel S(Ⱥ) [S di A maiuscola barrato] che troviamo alla fine del testo è contenuta la questione del godimento, un al di là della sovversione del bisogno nella dialettica del desiderio. “Dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano” potrebbe anche dire “nella dialettica del desiderio e del godimento”. Godimento che fa la connessione tra l’intenzione vitale della libido con la pulsione di morte. Credo che in questo schema occorra introdurre la pulsione di morte, una sovversione del soggetto con l’impatto del godimento. L’intenzione vitale può andare verso la distruttività, questa è la sovversione assoluta, come la guerra che c’è oggi, che è una nuova forma di guerra,  terrorista,  che è dappertutto e che può investire chiunque in qualsiasi posto e non importa perché, una distruzione generalizzata. Questa distruzione è ciò che Freud mette come principio al suo testo Perché la guerra?, del 1932, nella sua risposta ad Einstein per la Società delle Nazioni, al tempo del presidente Wilson: Freud dice il soggetto si salva distruggendo l’Altro. La guerra è il testimone ultimo della mancanza di regolamento implicato dal passaggio attraverso l’Altro. Non dico che ogni sovversione del soggetto, passaggio dal bisogno al desiderio, porta alla guerra, ma è quanto meno questo che troviamo in prospettiva di S(Ⱥ)[S di A maiuscola barrato], alla fin fine la deregolamentazione può arrivare sino alla distruzione. Lacan cita un testo di Baltasar Gracián: è la storia di un giovane che è stato isolato su un’isola, allevato dagli animali. Il giovane, che si chiama André, domanda al padre di tornare tra gli uomini, di entrare nel mondo dell’Altro, dell’Altro del linguaggio. Il padre dice che gli umani sono capaci di una distruzione di fronte alla quale anche gli animali più feroci indietreggiano spaventati. 
L’uomo snaturato, l’uomo psicoanalitico è l’uomo snaturato, non è  L’uomo neuronale di  Changeux, è l’uomo senza istruzioni per l’uso. L’uomo senza istruzioni per l’uso l’ho messo dalla parte della distruttività, ma più spesso lo metto dal lato della libertà, quando dico che siamo determinati da una mancanza di determinazione è per aprire alle scelte del soggetto, alla sua libertà di decidere del proprio divenire, di essere l’autore e l’attore di quel che è, perché ha lo spazio per divenirlo, al di là dell’istante, al di là del programma. Ci sono questi due versi, pulsione di morte e pulsione di vita, ciò pone un problema complesso di cui parliamo seguendo lo schema, cioè il legame tra la politica e la clinica è una scelta soggettiva libera secondo la sovversione del soggetto e la dialettica del desiderio. Sul piano politico, il desiderio diventato un diritto può essere una distruzione.
Da quando faccio parte, come consulente, del Comitato di Etica a Parigi, mi sento meno libero nella mia clinica. Miller ha organizzato una giornata sul “Quando il desiderio diventa un diritto”, io mi son detto, piuttosto, “quando il godimento diventano un diritto”. Gestazione per procura in una coppia omosessuale maschile dopo aver usato i propri gameti per fare una procreazione dello stesso sesso: si va a capo della sovversione del soggetto nella dialettica del desiderio oppure si tocca un punto dove il godimento arriva alla distruzione? Ho incontrato un professore di diritto alla Sorbona che ha presentato una relazione al Comitato di Etica dove diceva che il contratto con la madre portatrice è tipicamente un contratto di prostituzione o un contratto di schiavitù, nel mondo legale d’oggi non c’è differenza in termini di contratto. Ritroviamo la questione freudiana: pulsione di vita - pulsione di morte. Non è questione di comportamento, è un modo di fare con il destino dell’intenzione vitale. 
Con il primo piano del grafo siamo in una sovversione del bisogno attraverso il desiderio, nel secondo piano siamo a livello di una sovversione del soggetto attraverso il godimento. 
C’è la sovversione del soggetto nella dialettica del desiderio, e c’è la sovversione del soggetto con l’impatto del godimento. Miller, nella seduta del 14 gennaio 2009 di Choses de finesse en psychanalyse, riportata in un articolo nella Cause freudienne dal titolo La psicoanalisi come funzione, distingue un godimento-eccesso” e un godimento-soddisfacimento, poiché lavoro alla frontiera del biologico trovo questa distinzione preziosa, incisiva [Rif.:  http://wapol.org/fr/articulos/TemplateImpresion.asp?intPublicacion=13&intEdicion=5&intIdiomaPublicacion=5&intArticulo=1741&intIdiomaArticulo=5 ]. Il godimento-eccesso è quello che classicamente abbiamo in mente da un punto di vista clinico, caratterizzato dal tracimare, dal superamento di ogni regolazione. Il godimento-soddisfazione costituisce un nuovo equilibrio sempre più costoso, un godimento che va verso un equilibrio che diventa necessario, non che il soggetto non ne soffra, ma in fondo è un nuovo stato di equilibrio.  L’esempio tipico è la dipendenza, e anche le forme acute di anoressia. Nelle neuroscienze si distingue l’omeostasi, la regolazione, e l’allostasi, che è un modo di regolare nella mancanza di regolazione, è cioè una forma superata di omeostasi. Si può capire l’idea di  godimento-eccesso con Georges Bataille: il disgusto nel godimento, una messa in gioco mortifera nel godimento, come in Storia dell’occhio. L’opera di Bataille è piena di situazioni che provocano un certo rigetto, in cui il sesso si spinge fino al disgusto, dove anziché essere nel soddisfacimento di un desiderio siamo in un eccesso che rivendica una pacificazione, molto diverso dal godimento-soddisfazione di Arancia meccanica di Kubrick. 
Tornando alla genealogia del grafo: c’è dipendenza rispetto all’Altro, il messaggio si forma nel luogo dell’Altro in un’intersezione retrograda, una successione diacronica, dove si viene a sapere il significato soltanto  alla fine della frase. Questo è il movimento diacronico retroattivo. Lacan rovescia lo schema della comunicazione. Quante terapie oggi esistenti hanno alla base l’idea di ritrovare l’intenzione vitale, come il modello della comunicazione, che cioè diamo il significato, il vero significato. Il grafo ne mostra la sovversione: il messaggio viene dal ricevente e arriva a chi l’emette in forma rovesciata. 
Il grafo ha punti d’intersezione, vettori, effetti retroattivi, su due piani diversi che devono articolarsi: l’intenzione vitale e la catena significante. Pone il problema dell’impossibile. Nell’epoca del matrimonio per tutti, c’è un matrimonio impossibile tra il vivente e il linguaggio. 
Lacan dice che c’è una logica che mescola anteriorità e retroazione, che sono metaforizzate dai successivi piani del montaggio del grafo. 
Da dove viene questo grafo? Ho sentito una conferenza di Miller sull’inconscio dove parlava delle fonti di questo schema. Una fonte è la logica retroattiva, ovvero una frase prende senso soltanto all’ultima parola, dove il punto di capitone stabilizza il rapporto significante/significato. Miller poi dice che questo è uno schema cibernetico dell’epoca di Lacan, uno schema dell’omeostasi e della impasse della omeostasi. E aggiunge che è uno schema in dibattito con l’esistenzialismo, uno schema sul quale si può codificare un progetto, una proiezione del soggetto verso l’avvenire in funzione di un punto di mira   che riordina il passato dandogli senso in funzione dell’avvenire. È per questo che dico che applico questo metodo alla lettura stessa dello schema: riordinare il passato in funzione di un progetto dell’avvenire, e attraverso questo duplice movimento ci si può ritrovare nel presente, perché al presente non si accede mai. Gennie Lemoine diceva che il tempo fa sintomo perché il presente è mancante. È sempre o troppo presto o troppo tardi. L’isterico dice “è troppo presto”, l’ossessivo “è troppo tardi”, “avrei voluto fare in modo diverso”. Riordinare il passato in funzione del futuro per ritrovarsi nel presente. Ciò fa sì che cambi il senso di quello che si è fatto prima: gli eventi precedenti sono risignificati da quello che segue. È la nevrosi, è la storia. Salvo il trauma, che sarebbe un evento che non avrebbe mai potuto essere significato, che è sempre escluso. E forse anche nella psicosi, che è fuori tempo.
Lo schema mostra che non c’è sviluppo puro e semplice dell’organismo. C’è una storia, una risignificazione continua degli eventi antichi. Quindi, si è in storia e significato, piuttosto che in sviluppo. È evidente, ma se lavoraste come me in un ospedale pediatrico con bambini prematuri nati in  modi complicati, è difficile far entrare questa idea della risignificazione. Come dice Lacan in Funzione e campo della parola e del linguaggio, lo sviluppo va nel senso del pelo, la storia va in contropelo, va in senso inverso rispetto allo sviluppo.
Il bisogno deve imperativamente fare domanda per cercare soddisfacimento. Al secondo piano del grafo Lacan mette la domanda e la castrazione. La domanda passa per il luogo del codice, per il luogo dell’Altro, per costituire il proprio messaggio e comandare l’accesso al soddisfacimento che il bisogno cerca. Tale movimento passa attraverso la questione del “Che vuoi?”, che Lacan prende dal romanzo di  Cazotte Il diavolo innamorato; questione molto importante nel Seminario VI, soprattutto nella seduta del 12 novembre del 1958. C’è una presa della domanda sul bisogno. La domanda non deve solo passare attraverso l’Altro in termini di comunicazione, come nel messaggio del primo piano, ma la domanda deve passare anche attraverso il buon volere dell’Altro, è tributaria della risposta dell’Altro, e passa attraverso la questione del “Cosa l’Altro vuole da me?”. Citando il Seminario VI, la questione è posta all’Altro di ciò che vuole come essendo innanzitutto il desiderio dell’Altro, vale a dire là dove il soggetto fa il primo incontro con il desiderio. Qui il grafo si complica perché si ha, innanzitutto, la sovversione del bisogno attraverso la catena significante ma, con il secondo piano, con la domanda e con il fantasma, c’è un nuovo piano di sovversione che implica il desiderio dell’Altro. Non vi è solo il passaggio bisogno → desiderio, ma c’è il capriccio dell’Altro. Il bambino fa l’esperienza di essere sottoposto al capriccio dell’Altro. Il desiderio dell’Altro sovverte l’intenzionalità del bisogno. Il soggetto incontra il “Che vuoi?” nella realizzazione del suo desiderio quest’incontro è il cuore della nostra clinica, di tutta la clinica del soggetto, in particolare con la clinica del bambino. Tanto può essere opaco e oscuro il desiderio dell’Altro che l’incontro con il “Che vuoi?” può lasciare il soggetto senza risorse, quindi, come dice Domenico Cosenza [Rif. Il muro dell’anoressia], salva il proprio desiderio con il rifiuto. Lacan dice che attraverso il rifiuto l’anoressia salva il proprio desiderio. Domenico Cosenza, nel suo libro, prende il rifiuto come asse per pensare tutta la clinica della anoressia. L’anoressia pone in modo intenso, consapevole, intelligente, l’enigma del desiderio dell’Altro come opaco e oscuro. Alla fin fine, non vedo come non si possa essere anoressici: se si vuole che emerga un soggetto bisogna con il cominciare a rifiutare.
La questione è complessa perché non convoca solo il desiderio dell’Altro ma l’opacità del godimento dell’Altro. Convoca il soggetto nel registro della disperazione, nella sua relazione con il desiderio dell’Altro. È una condizione emergente del soggetto. Questo è il secondo piano del grafo. All’inizio è la disperazione, l’incompiutezza. Ci troviamo in un confronto con l’opacità del desiderio dell’Altro (Ⱥ), con la disperazione, con il reale messo in gioco dalla pulsione. Rispetto a tale disperazione, incompiutezza, opacità, a questo enigma del desiderio dell’Altro, si convoca la soluzione che ci mette in trappola: il fantasma; il fantasma come difesa rispetto alla messa in gioco del reale pulsionale,  $ <> a che è nell’articolazione di Ⱥ, nell’enigma del desiderio dell’Altro nella sua messa in gioco prospettiva o retrospettiva attraverso la pulsione. 
Veramente l’uomo è messo male… perché ha la pulsione, e quando si manifesta è messa al confronto con l’opacità del desiderio dell’Altro e va a tappare tutto con il fantasma… e poi passa la vita a guardare il mondo attraverso la finestra del suo fantasma… e  diventa l’artefice della propria infelicità.
Nel grafo, il fantasma è sullo stesso asse dell’io. Lacan ha cercato di esprimere attraverso questo schema la tragedia della condizione umana che fa dell’io e del fantasma delle formazioni immaginarie, equivalenti. 
Guardando il grafo ci si domanda come si è potuto fare dell’io un’istanza di adattamento, quando invece è preso in questa serie di abbagli immaginari.
Si può dire che il fantasma è uno stabilizzatore della società, una soluzione rispetto al Reale dove tutti sono presi nel proprio piccolo fantasma, come nel film di Wenders dove le persone guardano il loro fantasma e questo dava l’effetto di una prigione… non occorre innalzare dei muri. Questo film è un’intuizione straordinaria sul mondo contemporaneo. Siamo tutti prigionieri di piccoli schermi. 
L’io e il fantasma sono formazioni immaginarie, modi di regolare attraverso l’immaginario, al fine di impedire che l’angoscia sorga, è quello che il soggetto mette in campo contro l’angoscia. 
Il fantasma è convocato come ciò che media il rapporto del soggetto con l’oggetto del proprio  desiderio, $ <> a. Immaginiamo una scena di teatro, un uomo dice a una donna: “Ti desidero”. Come Lacan dice nel Seminario VI il 19 novembre del 1958, in realtà vuol dire soltanto: ti implico nel mio fantasma fondamentale.
Il desiderio è collegato con il fantasma, come l’io è collegato con i suoi oggetti immaginari i(a). Quindi, il desiderio al soggetto sfugge in quanto tale, bisogna ricostruirlo interpretativamente in funzione del rapporto che il soggetto intrattiene con la propria domanda. 
Dal lato della domanda si cade sulla pulsione, dal lato del fantasma si cade sull’enigma dell’Altro.
È nel punto del messaggio, la sua ricostruzione interpretativa, che entra in gioco la mancanza  di significato nell’Altro. Tutto il segreto della psicoanalisi è che non c’è Altro dell’Altro. Forse si possono ricostruire un Altro dell’Altro con la religione, con Dio, ma nella psicoanalisi la posizione è questa: non c’è Altro dell’Altro. Nel grafo, l’ascensore sale e apre sulla mancanza di significante nell’Altro. Seguivo un adolescente che mi ha detto che l’adolescenza è un ascensore dove non si sa mai a che piano si ferma, con l’idea che si può aprire la porta e cadere nel vuoto. È lo schema di Lacan: S(Ⱥ)[S di A maiuscola barrato],  intorno a questo, dopo, nel Seminario XX, ci metterà il mistico e una serie di altre cose… ma nel testo che stiamo leggendo, qui Lacan mette il fallo che assume funzione significante. In fondo, è un grande testo sul fallo. 
Sono due letture di questo testo. Una lettura del ‘60 che verte sul S(Ⱥ), e una lettura retrospettiva a partire dal Seminario XX incentrata su quello che è l’aldilà del fallo, sull’idea che esisterebbe un godimento Altro, non è soltanto retto dal fallo. 
Lacan si domanda, nel Seminario VI il 19 novembre 1958: il soggetto sa quello che fa? È per rispondere a questa questione che Freud ha detto no. Non sappiamo ciò che facciamo. 
Lacan, nel seguito della sua opera, in Ancora, mette in rapporto S(Ⱥ)[S di A maiuscola barrato] con il godimento femminile. L’Altro non è soltanto il luogo dove la verità balbetta, merita di rappresentare ciò con cui la donna necessariamente ha rapporto di essere nel rapporto sessuale, in rapporto a quello che si può dire nell’inconscio. Radicalmente Altra, la donna è ciò che ha rapporto con questo Altro, ed è così che non è tutta, non tutta nel godimento fallico. La donna è in rapporto a questo Altro, a quest’Altro godimento, supplementare. Ciò è al centro della femminilità, con questa caratteristica: che non la si può dire. È un modo di ribattezzare quello che Freud ha detto sul fatto che il soggetto non possa dire quello che fa. Con l’Altro godimento Lacan ha voluto introdurre un’altra dimensione rispetto a quella del fallo e dell’oggetto a causa del desiderio, dimensione che esiste già potenzialmente in Sovversione del soggetto. Salvo che Lacan cambierà radicalmente la propria posizione rispetto all’Altro. In Sovversione del soggetto “Altro” designa il tesoro dei significanti, nel seminario Ancora designa l’Altro sesso, più precisamente l’Altro godimento correlato al non rapporto sessuale, che non si può scrivere, che non ha  formule, ovvero che è aldilà di ogni inclusione nella catena significante. 

In Sovversione del soggetto è il godimento fallico che sembra essere messo in gioco. Nel godimento fallico c’è la speranza di un rapporto tra il godimento e il linguaggio, mentre nel godimento Altro siamo fuori dall’iscrizione fallica, fuori linguaggio, aprendo su un altro tipo di sovversione.

Trascrizione di Michela Occhi
Preparazione redazionale di Giuseppe Perfetto