sabato 25 gennaio 2020

Seminario fondamentale Istituto Freudiano di Milano, 25 gennaio 2020. Docente invitato: Alfredo Zenoni

Seminario fondamentale

Istituto Freudiano di Milano 

25 gennaio 2020

Docente invitato: Alfredo Zenoni




La registrazione del seminario ai seguenti link:



Da un Altro all’altro
Commento dei capitoli II, III e IV
Alfredo Zenoni


Questo seminario è situato sul cammino che Lacan segue e traccia allo stesso tempo, che deve  portarlo a trovare una formulazione, un approccio unico per affrontare insieme la condizione della parola e la condizione del godimento. E cioè il parlessere. Come avvicinare, come addomesticare  il godimento? Come situare  il reale informe del godimento?
Le categorie del significante sono  tanto più evidenziate in questo seminario che due o tre anni dopo saranno sostituite dalla manipolazione del nodo. In questo seminario il formale o il logico e il corpo sono ancora separati. La logica è in qualche modo distinta dall'elemento carnale che la riempie.
I primi capitoli di questo seminario consistono in uno studio della struttura del luogo dell'Altro, sfruttando il paradosso di Russell, i paradossi della teoria degli insiemi. Uno studio che porta a mettere in discussione la funzione dell'Altro sulla base della sua topologia (71).
In questi capitoli, si tratta anche, in un certo senso, di riprendere, alla luce della teoria degli insiemi, cio’ che la logica del grande grafo  già presentava rispetto alla scrittura del S(A) barrato).

Cap. II
Lacan inizia portando in primo piano la nozione di struttura, che considera ancora in quel momento ciò che v’é di più reale. Mancano ancora pochi anni al momento in cui Lacan metterà piuttosto in evidenza la dimensione di costruzione della struttura: una struttura è una costruzione, e quindi é modificabile, ciò che ne evidenzia il carattere di artefatto, di sovrastruttura, cioè di sembiante.
Ma ciò che Lacan mette ora in evidenza soprattutto nella struttura è la sua convergenza verso un punto di impossibilità. Ed è proprio questa dimensione dell'impossibile che la rende reale.
L'altra nozione che Lacan sviluppa in dettaglio in questo paragrafo, e che egli definisce in modi diversi, e la nozione di discorso. La struttura si occupa della causa del discorso stesso, o un discorso che sia un discorso é un discorso che mira alla causa del discorso stesso . Ciò che definisce un discorso - un discorso che valga la pena, come dirà più avanti -  é che ha delle conseguenze - nozione che viene spesso ripetuta in questo capitolo, ed é quindi un discorso  rivolto alla causa del discorso stesso.
Un discorso che ha delle conseguenze può essere inteso in due modi. In primo luogo, è un discorso che contiene per cosi dire delle conseguenze, cioé in cui si possono mettere in luce, isolare, nella sua tessitura, deduzioni, implicazioni, dimostrazioni, eventualmente con lessici e grammatiche proprie.  E poi c'è la conseguenza nel senso di ciò a cui il discorso stesso dà origine nella realtà, cioè è un discorso che non è vano.
Un discorso che vale la pena è un discorso che pratica dei tagli, che é tagliente ( che non mena il can per l’aia). Lo paragona ad un colpo di forbici, il cui taglio nella struttura la rivela per quello che è. A seconda che il taglio venga effettuato lungo un piano  o un altro, i rapporti cambiano. Ad esempio, se prendiamo la striscia di Möbius, se la tagliamo lungo la parte  centrale , ne facciamo una striscia che non ha più nulla a che fare con ciò che era in precedenza. Ciò dimostra che la banda di Möbius consiste in ultima analisi solo nel taglio stesso. Un discorso che sia un discorso ha le stesse conseguenze di un taglio in una figura topologica. La psicoanalisi fa parte di questa pretesa del discorso di avere delle conseguenze.
Prima di passare ad alcune considerazioni sulla linguistica, Lacan risponde rapidamente alle critiche di alcuni oppositori che lo accusano di trascurare la dimensione energetica. Anzitutto, risponde che, al posto dell'energia, lui ha introdotto l'economia politica (plus valore) e poi che se proprio vogliamo parlare di energia dobbiamo farlo come si fa in fisica, dove risulta che l'energia è costituita essenzialmente da valori matematici dove il conto, all'inizio e alla fine del processo risulta uguale, che includono una costante. Non dobbiamo farlo in modo immaginario, immaginando la presenza di energie nella natura. Il calcolo matematico che definisce un’energia in fisica non ha nulla a che fare con delle supposte energie della natura, di una natura che sarebbe già là, indipendentemente dalla scienza. E infatti, dice  Lacan, nessun discorso ha alcun effetto sulla natura, ed è per questo che la amiamo così tanto.
Prende poi le cose a livello della   linguistica - per illustrare questa nozione di un discorso che ha delle conseguenze - per mostrare che ciò che rende possibile situare la linguistica a livello del discorso della scienza è che dimentichiamo la lingua come realtà naturale e che ne riduciamo la materialità, come dice lui stesso. Nella linguistica si tratta infatti di estrarre nel discorso ciò che deve essere chiamato con il suo nome, la logica, che è sempre condizionata da una riduzione materiale. Una frase viene trasformata in una proposizione e la proposizione  stessa viene sostituita da una lettera: per esempio : se A, allora B. (28)
Lacan ha sempre cercato di appoggiarsi a forme di discorso matematico: nel « Seminario sulla Lettera rubata" si tratta delle catene di Markov. Poi saranno poi le forme della  topologia, sopratutto nel seminario sull’Identificazione. Nel seminario XI è l'uso di categorie elementari di teoria degli insiemi; in altri due seminari successivi è il gruppo di Klein. Ma, con questo seminario, Lacan si sta muovendo verso un puro dire o una pura scrittura come tale. Per Lacan, l’attività matematica parte da un dire, un dire che definisce, che pone, da cui procedono dei detti a proposito dei quali ci si domanda se reggono, se tengono . Un discorso in quanto ha delle conseguenze, ridotto alla sua logica.
Naturalmente, la logica non abbraccia tutta la lingua, dice Lacan. Ma resta il fatto che, se la psicoanalisi non è un delirio, tutto ciò che sei, come persona senziente e non solo come pensante, cade sotto le conseguenze del discorso : cioè è effetto di una logica significante.
Neanche la vostra morte è separabile da quello che potete dirne. La vostra idea della morte è inseparabile dal massimo discorso che potete fare al riguardo. ( Linguaggio/lingua)
Quando Lacan parla ora di discorso, si tratta sempre del discorso in quanto porta a delle conseguenze, cioé del discorso nella sua logica, e quindi, in definitiva, di un discorso ridotto a una scrittura . Questo riferimento alla scrittura è necessario per capire cosa intendeva Lacan scrivendo sulla lavagna, all'inizio di quell'anno, la frase che l'essenza della teoria psicoanalitica è un discorso senza parole (p. 41). Quando Lacan si riferisce ad un discorso senza parole, si riferisce a un discorso scritto, un discorso che dice qual è l'essenza della teoria. Non l'essenza della pratica, poiché nella pratica la parola viene alla ribalta. Ma é l'essenza della teoria della pratica, poiché ciò che è scritto in questa parola si deposita sotto forma di scrittura. La teoria psicoanalitica, propriamente detta, non è una teoria dell'inconscio in quanto tale, è una teoria della sua pratica, é una teoria del discorso psicoanalitico. Queste considerazioni porteranno infine, nel seminario successivo, alla creazione dei quattro discorsi, che sono della scrittura pura.
Ecco perché sarebbe essenziale avere in psicoanalisi delle persone formate in quella che si chiama, non so perché, dice, logica matematica. E appunto l'intero seminario sfrutterà la logica degli insiemi e i suoi paradossi. Come mai questa logica matematica non è venuta alla luce prima? Questa domanda dà a Lacan l'occasione di chiedersi se la logica matematica fosse già presente nell'intelletto divino (prima che fosse inventata).
In ogni caso, se ci sono sempre state in un’esistenza di soggetto le conseguenze del discorso della logica, è chiaro che queste non sono le stesse di quelle che si sono manifestate da quando è stato proferito il discorso della logica matematica.
*
Infine, Lacan arriva a dare la sua idea del « plus-valore », evidenziato da Marx, e a stabilire un'omologia tra lo scambio che presiede alla produzione del « plusvalore » sul mercato, e lo scambio tra godimento e sapere con produzione di plus-godere.
Innanzitutto, l'osservazione di Lacan secondo cui è più che probabile che la comparsa di questa nozione del « plus-valore » nel discorso é stata condizionata all'assolutizzazione del mercato. Lacan vedeva ai tempi di Marx l'inizio di questa promozione del mercato di cui profetizza che diventarà assoluto, cioè, oggi diremmo, globale :  tutto può essere comprato, tutto può essere  venduto fra tutti.
Lacan tende qui una mano benevola ai rivoluzionari del 1968.....con  queste considerazioni. Il lavoro stesso si vende, è quello che fa il proletario, e il capitalista lo compra al suo prezzo di mercato. C'è uno scambio sul mercato. Io ti do’ il mio lavoro e tu mi dai un salario. Allora, Il plusvalore è l'idea di un valore finanziario, economico, che non si trova nel circuito di questo scambio tra il lavoratore e il capitalista, è cioé qualcosa che si perde
schema
in questo scambio (Lacan non sottolinea qui questo aspetto) - ma che, allo stesso tempo, si mette a esistere come valore in aggiunta allo scambio, qualcosa in più rispetto allo scambio, che si accumula da qualche parte e che qualcuno allora recupera, che è il capitalista. Da un lato, abbiamo il principio stesso della perdita, l'oggetto perduto, ma dall'altro lato, abbiamo il principio del guadagno.
Dice che in questo scambio, l’io é al posto del lavoratore. Non dice: il soggetto. Dice che un giorno spiegherà dove si trova nel suo grafo, questo io (je) . Ma non lo riprenderà più nel seminario. Ma alla fine, possiamo dire che l’io é un’abbozzo del « parlessere ». corpo parlante, un essere parlante che ha un corpo (godimento)
Da un lato, Lacan sottolinea che la realtà capitalista non è in un rapporto così cattivo con la scienza. Mentre, dall’altro, il lavoratore è il luogo sacro di quell'elemento conflittuale che è la verità del sistema e che emerge quando il sapere si lacera da qualche parte.

Poi c'è un'osservazione sul sapere, dove dice che il sapere non è lavoro, non ha nulla a che fare con il lavoro. Il sapere é pure una merce, poiché esiste un mercato del sapere. Poi, qui si sposta su un altro piano, senza dirlo.  È chiaro che per avere il sapere bisogna rinunciare al godimento,  il sapere  costa la rinuncia al godimento: un'osservazione che in qualche modo fa allora il nesso tra il plusvalore e il plus di godere.. Lo stesso processo di unificazione della scienza riduce tutto il sapere  ad un unico mercato. Anche qui, vediamo che c'è qualcosa che si ottiene per nulla, senza nulla in cambio (in più dello  scambio : godimento/sapere) e che è il plus di  godere, e cioè che il godimento può stabilirsi come ricercato per se stesso, come perverso.
Allo stesso modo in cui il lavoro è pagato al suo giusto prezzo, ma con un effetto di perdita, anche in questo caso il sapere è senz’altro pagato al suo giusto prezzo, ma al di sotto del valore d'uso che questa verità genera, e sempre per gli altri che non sono nella verità (cioè per chi non è lavoratore). È un plus di godere ottenuto dalla rinuncia stessa al godimento, che viene pagato al suo giusto prezzo, ma al di sotto del valore d'uso che questa verità genera. Nello scambio di godimento/sapere  c'è anche una perdita, a livello di verità, e cioè c'è la produzione di un più di godere, ma che si burla di noi, perché non sappiamo dove vada a finire.
Poi arriva l'ipotesi di Lacan sugli eventi del  maggio 68. Cos'è successo in quel momento? A quell’epoca c'é stata una sorta di ebrezza di liberazione, ma era dovuta al fatto che, e nella misura in cui la verità ha fatto sciopero, dice Lacan. Dato che la verità pesa su ciascuno di noi in ogni momento della nostra esistenza (p. 42) che gioia, dunque, avere con lei solo un rapporto collettivo, ci solleva dall’averne un rapporto soggettivo. L'identificazione di ogni soggetto con il collettivo, o l'identificazione costitutiva del collettivo, libera ognuno da questo fardello della verità.
Ma non pensate che ciò fermi il processo. Non é nemmeno questione che possa per ora fermare il mercato del sapere.  Questo è il segno di ciò che il sapere  diventerà sempre di più in questo mercato chiamato università, e cioè un’unità di valore, un pezzo di carta. La verità può li’ avere funzioni spasmodiche - ci saranno ancora alcuni spasmi di verità - ma non è questo che risolverà per ciascuno di voi  la vostra esistenza di soggetti.  Tutto é vanità, allora?
A tutti coloro che pongono come principio la vanità essenziale di ogni discorso, risponderemo mediante il discorso che vi tengo, la prossima volta.

 Cap. III
1. In questo capitolo, Lacan inizia annunciando che fornirà chiarimenti topologici, che saranno combinati con ciò che ha introdotto quest'anno sotto la forma del  rapporto tra sapere e godimento. Che a sua volta permetterà di introdurre la funzione dell’oggetto a.
Piccolo a, la cui funzione é comune al plus-godere e al plusvalore.
Non ci sarebbe discorso analitico né rivelazione della funzione dell'oggetto a se l'analista stesso non fosse quest’effetto, questo sintomo che risulta da una certa incidenza nella storia di una trasformazione del rapporto tra il sapere e l'enigmatico fondo del godimento.
In altre parole, la psicoanalisi é potuta nascere solo perché si é verificata una svolta nell'impatto del sapere nella storia, che in un certo senso ha concentrato la funzione definita dall'oggetto a. Per metterla alla nostra portata. La  traduttrice italiano di Lacan gli aveva appunto indicato questa identità della funzione nel plusvalore. Questo è normale, poiché attualmente coloro che sono più in sintonia con il suo insegnamento sono i giovani, la cui età media è di 24 anni.
Qui si ricollega a quanto aveva detto nella precedente lezione sulla necessità che degli spiriti formati alla logica matematica siano presenti all'interno della psicoanalisi, per introdurre una svolta, dicendo che è chiaro che ogni operazione del discorso matematico è fatta per bloccare, elidere, cucire, suturare, in ogni momento la questione del desiderio. Nel discorso analitico, al contrario, si tratta di dare piena presenza alla funzione del soggetto, invertendo il movimento riduttivo che abita il discorso logico, per rifocalizzarci perpetuamente su ciò che è faglia. La faglia che scriviamo S(A). Mancanza di significante nel significante. La cosa più sorprendente è che gli uomini sono stati in grado di porre rimedio a questa mancanza per così tanto tempo.

2. Poiché S(A) era già scritta nel grafico presente nel seminario "le formazioni dell'inconscio", Lacan ne fa qui una rapida ripresa, focalizzandola prima sul cerchio del discorso, con l'incrocio delle due frecce,
 e poi su  una rievocazione del witz  del "familionario »,  dove egli sostiene che i motti di spirito avvengono nella misura in cui qualcosa che si gioca a livello dei fonemi e qualcosa che fa parte del più comune cerchio del discorso si sovrappongono. (diagramma). Basta dire che questa familiarità....?(46) …  Un’osservazione sul Terzo
Quante preistoriche.........
Poiché aveva rigorosamente distinto il cerchio del discorso, ciò aveva permesso a Lacan di evidenziare la vera funzione di ciò che lo completa, mediante questo circuito che lo raddoppia al piano superiore. Qui è dove la funzione di A è messa in discussione. C’é una incognita, manca l’ultimo significante o il significante del significante. Sorge allora la questione : Cosa vuole? Ogni parte del discorso interroga A. Al livello inferiore c'è l'enunciazione, al livello superiore l’enunciato assume la forma di una domanda, in quanto il campo dell'Altro non è consistente. Quindi dobbiamo interrogarlo, visto che nell'Altro manca del significante.
Qui, al primo piano, in A, è già contenuta la prima articolazione della funzione del significante in quanto determina il soggetto. Cioè, il rapporto tra il significante 1 e la forma minima che ho chiamato la coppia ordinata (S1-S2). S2 rappresenta il sapere  come termine in cui il soggetto svanisce.
3. Lacan si sta finalmente preparando in questo paragrafo per spiegare cosa intende per coppia ordinata dopo aver ricordato questo fatto, che la teoria degli insiemi inciampa fin dai suoi primi passi su un paradosso. L’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene  a se stesso o non appartiene  a se stesso ?
Lacan distribuisce quindi nel grafo, dove c'è, da un lato, A, e dall'altro, S per illustrare la formula: il significante rappresenta il soggetto solo per un altro significante. E mostrerà come questa formula corrisponda alla formula di una coppia ordinata.
Una coppia ordinata non significa semplicemente che ci sono due, due allo stesso tempo. "Ordinato" significa che ce n’é prima uno e poi un altro, che c’é un posto iniziale e un posto terminale. È la stessa cosa nella formula del significante: c'è il significante che rappresenta e l'altro significante che è in un certo senso il destinatario dell'operazione del rappresentare. È già fatta a livello del significante: è fatta in termini di raddopiamento e secondo un ordine. Quando si hanno solo questi due elementi, X e Y, come puoi distinguerli? Come distinguere tra chi viene prima e chi viene dopo ?   Il modo migliore per scrivere la coppia ordinata è quello di distinguerli formando due set, set (X) e set (X, Y). (Vedi schema)
Poi applica il concetto di coppia ordinata a S e A. Prendiamo l'Altro come un insieme di tutti i significanti. A è l'insieme costituito dai significanti.  A è sostituito a S1, S2.
In questo "tutti i significanti", non dobbiamo dimenticare il significante dell’insieme che include tutti i significanti : A. Quindi mettiamo dentro anche lui. Prendiamo S come designazione di tutti i significanti e A come designazione dell'insieme. Quindi A é un insieme che comprende se stesso. 
Cosa succede con questa  formula ridotta all'essenziale? Succede che si può riscrivere A, in quanto contiene non solo tutti i significanti, ma A stesso:   A = S(A)  .  A è riiscritto per mezzo di una formula che include A stesso.
Ma allora, non appena A appare nella formula, non si ferma più: A= S(S(S(A))).
Lacan pone qui come significante di una relazione un significante che interviene in questa relazione stessa A= S→A ;  allora :  A= S→(S→A) ecc.
Abbiamo una successione ordinata di S, che è ben fatta per darci l'insieme dei numeri naturali, ma d'altra parte abbiamo questo A da cui possiamo dire allo stesso tempo che sfugge indefinitamente poiché non cessa di applicare ad essa la regola della riscrittura.
Si può anche scrivere :  S2 = S1S2. il secondo set contiene sia S1 che S2, i due elementi della coppia. =E quindi riscrivere ; S2 =  S1 (S1→S2) … (p. 67)
Ciò che rappresenta il soggetto si manifesta solo sotto forma di una ripetizione infinita: S1, S1, S1,..... riflette ciò che la teoria freudiana implica come fondamentale nel fatto che, in origine, il soggetto, rispetto a ciò che si riferisce a qualche caduta di godimento, non può manifestarsi se non come ripetizione.
·      L'indice del piccolo a , oggetto,  è qui rappresentato dai cerchi concentrici.
Questo fa dire a Lacan che il campo del sapere è perforato. Oppure che il significante rappresenta per un altro significante una mancanza, il soggetto.
Il risultato di questo funzionamento, di questa elementare riscrittura, è che l'Altro appare inafferabile  perché dà luogo  ad una ripetizione infinita in cui non si può mai fermare l’arretramento di A. (leggere p. 53) Costituisce come una rappresentazione elementare della rimozione originaria. E anche una figurazione elementare dell'extimità..... Si ha, sia nel cuore dell’insieme che all'esterno come designazione di questo insieme di significanti: A. Con ciò l’inviluppo più interno raggiunge  il proprio esterno in sé. Il cuore stesso non é altro che ciò che é  il più esterno. L'elemento fondante è l'elemento che sfugge sempre. Abbiamo qui nel modo più semplice la struttura del piano proiettivo.
Questo è il punto di partenza della logica dell'inconsistenza.
E' anche un modo topologico per dimostrare che il luogo della verità è perforato.
la domanda: Dio esiste? Ci rendiamo conto qui che assume un peso solo se si basa su una struttura più fondamentale che riguarda il sapere. Possiamo dire che, nel luogo del sapere, il sapere si sappia in un qualche modo ? Il sapere sa se stesso o, per la sua stessa struttura é beante? La domanda si pone se prendiamo topologicamente il sapere, dove, come nella bottiglia di Klein, il cerchio più interno si congiunge  con quello più esterno, ma capovolto. (topologia, strutturalismo…)
L'oggetto a è il buco che si delinea al livello dell'Altro come tale, quando viene messo in discussione nella sua relazione con il soggetto.
L'insieme dell’Altro non può essere formato se non in quanto include un buco. Una falla.
Prendiamo il significante nella sua definizione : non può per definizione includere se stesso, non contiene se stesso. ( a b c  ecc. )  Ebbene : è impossibile formare l’insieme degli elementi che non contengono se stessi, dei significanti che non sono elementi di se stessi, senza incontrare un paradosso. Il catalogo di tutti i cataloghi che non contengono se stessi non può essere formato, a meno che questo catalogo stesso non sia escluso da questo insieme. Se non è escluso, si cade nel paradosso: se appartiene al catalogo, allora non può appartenere al catalogo; ma se non appartiene al catalogo, allora appartiene al catalogo.    Incompletezza e inconsistenza.  Qualsiasi discorso che si ponga  come essenzialmente basato sulla relazione con un altro significante è in ogni modo impossibile da totalizzare come discorso (p. 55).

IV
Per introdurci  il più semplicemente possibile, partiamo dall'Altro come campo del sapere, come insieme di significanti, di tutto ciò che si dice, partiamo da quello che Lacan ha chiamato  discorso universale. Ciò che è messo in questione è duplice, da un lato, che l'Altro racchiuda un sapere che un giorno si possa presumere sia assoluto; e che, da un altro lato,  l'Altro sia il supporto della nozione di un sapere che già là presente. (Discussione con gli scienziati sovietici)
Il fatto di considerare che il sapere  non possa concludersi su se stesso, che non potrà mai raggiungere lo status di assoluto, non é una considerazione sovversiva. Non implica che il sapere sarà sovvertito, dice Lacan commentando il fatto che egli ha recentemente letto da qualche parte il termine "sovversione del sapere". Il fatto che i saperi comportino una faglia non implica che non ci sia sapere, che non ci sarà più sapere.  Ma implica che si possono fare dei motti di spirito, che fanno ridere.
 A questo proposito, Lacan si prende la libertà di quello che chiama un piccolo inciso, riguardante la nozione di plusvalore in Marx. Marx fa parlare il capitalista..(p. 59) ... ride.
Lacan sottolinea quindi la congiunzione tra la risata e l'elisione di questo plusvalore nel discorso del capitalista.
Che si tratti di una questione di plusvalore o di plusgodere, c'è sempre qualcosa come un fondamentale gag,  poiché si tratta sempre di un'elisione. Sempre quando si tratta dell’esperienza dell’inconscio.
Non una teoria dell’inconscio, ma della pratica
Questa topologia dell'Altro è ciò che fa sì che il soggetto introduca una sovversione, ma non è solo la propria :  quando Lacan aveva parlato di « sovversione del soggetto » era in relazione a quanto fino ad allora affermato a proposito del soggetto. Ma qui si tratta anche della sovversione introdotta dal soggetto,  ma in quanto il reale come impossibile se ne serve. Ed è qui che Lacan introduce un'altra nozione del soggetto ( non c’é soggetto se non « di un dire ») : e cioè in quanto è l'effetto di un dire, non l'autore. ( esempio : un lapsus. O la denegazione ; Sono un’articolazione significante . A livello della parola, dire « é mia madre » o dire « non é mia madre », non é la stessa cosa…Ma a livello della lettera, del significante , si’. Nel lapsus il dire di cui il soggetto é l’effetto é evidente. Il soggetto é l’effetto di questo « dire », non ne é l’autore. Ed è solo il più estremo serraggio del dire che introduce l'impossibile.
Il semplice fatto di Patire del significante non fa soggetto. Più di una cosa al mondo è passibile di effetto del significante. Ma non avviene soggetto se non là dove il fatto é detto. Non c’é fatto se non detto,  per un soggetto  non c'è un fatto che detto  e che il fatto sia  detto implica un soggetto. Ora,............ ciò che non si può dire è ciò che, nel dire stesso,  manca, vale a dire la verità. Che patisce del significante…per natura.
Lacan fa poi delle considerazioni sullo spirito e sulla materia - che gli danno, da un lato, l'occasione  di evocare lo strutturalismo, come messa in questione della metafisica, ma, dall'altro, gli permettono di evocare cio’ che chiama la superstizione che consiste nel designare in una idealità delle materia la stessa sostanza impassibile che è stata prima messa nello spirito.  In breve, nello  spostare la credenza che avevamo nella spirito alla materia, che ora gode di una nota d'amore; ma potrebbe non durare, se il pensiero scientifico dovesse far un po’ soffrire dalla parte di questa credenza nella materia.
Che si parli di Dio o della natura,  per esempio, è sempre la stessa fede nell’esistenza di una conoscenza preliminare, da una parte o dall'altra,  della legge newtoniana, cioè di una conoscenza che si suppone già esista, che presiede al fatto di parlare di cosmo o cosmonauta.
2. La pubblicazione di un libro recente di un fenomenologo dà a Lacan l'opportunità di tornare sulla questione della verità.
La regola della pratica analitica, la libera associazione, non significa nient'altro che congedare il soggetto. È proprio cio’ che non è il caso in quella che egli chiama infatuazione fenomenologica (Infatuazione è credersi, credersi soggetto; credere che il soggetto dà senso, che il soggetto esprime la verità in ciò che vive. Questo non congeda il soggetto).  Nel libro L'essence de la manifestation, il filosofo Michel Henri sostiene che ciò che ci viene dato come certezza è che la sofferenza non è altro che sofferenza. " fa sempre un certo effetto.....".
Tuttavia, la promozione del "da non dire" ci permette di fare la differenza di ciò che c’é da dire veramente.  Se quello che facciamo, noi analisti, opera é proprio perché la sofferenza non è la sofferenza. Per dire ciò che occorre  dire che la sofferenza è un fatto, cioè che cela un dire. Vuole essere un sintomo, e cioè verità. E’ questa ambiguità che smentisce il fatto che la sofferenza sia insuperabile nella sua manifestazione. La sofferenza, come la verità, dice : « Io  parlo ». La verità non dice la verità. Dire la verità può perfino essere un modo di ingannare.  Cracovia..La verità parla. Quindi dice : io parlo, parla IO.

Per quanto riguarda la verità, che parla io, ci sono due campi limite. Il primo è quello in cui il soggetto è l'effetto del significante.  Questo è il campo dei fatti.
E poi c'è il secondo campo della verità, che non è stato nemmeno toccato altrove che sul monte Sinai, vale a dire: ciò che parla Io.
Lacan fa poi tutto uno  sviluppo sulla traduzione del famoso Eyé....., di cui  egli propone qui come traduzione: io sono ciò che sono, IO sono ciò che io  è,   finché la verità dice io. È il Dio della Bibbia, che Pascal  oppone a quello che egli chiamava il Dio dei filosofi. Che abbia detto  vero o no, che sia stato detto ha avuto qualche conseguenza.
Anche senza avere alcuna possibilità di verità - questa enunciato non dice la verità - potrebbe far luce sulla verità in quanto parla Io - la verità parla Io. La risposta le arriva nella nostra interpretazione, ed è per questo che deve essere meglio circoscritta, poiché il profetismo è anche interpretazione. Il destino dell'Altro è quindi sospeso all'interrogazione posta dall'esperienza psicoanalitica. Tranne che, qualunque sia il destino dell'Altro che questa messa in questione riserva all’Altro, la stessa esperienza dimostra che è del suo desiderio che io seguo e sono  la traccia.

La coppia ordinata. S1 e S2. Per farne una coppia ordinata  scrivo (S1) e (S1, S2). Cioè per farne une coppia ordinata , per poter distinguere S1 da S2, devo scrivere S2 come =  (S1, S2). Un coup de force
…..
S’ensuit une topologie où le plus petit des cercles vient se conjoindre au plus grand et où ce qui représente le sujet ( S1 ) ne se manifeste que sous la forme d’une répétition infinie. Ce qui correspond à ce que dans la théorie freudienne comporte que le sujet, au regard de ce qui le rapporte à quelques chutes de la jouissance, ne saurait se manifester que comme répétition. L’index de l’objet petit à est représenté par les cercles concentriques.
Prénons une autre manière d’envisager le grand Autre, qui est de ne pas se contenir lui-même. L’Autre ne contient que des signifiants tels que : un signifiant quelconque n’est pas élément de lui-même : est-il possible de rassembler par un dire les signifiants ainsi définis en un ensemble qui les conjoigne tous ? Ce qui est à retenir, c’est par un dire
 L’énonciation, comme simple dire, démontre la faille, – que vous pourrez le plus correctement cerner dans l’énonciation de la demande – la faille du désir. Le structuralisme, c’est la logique partout et même au niveau du désir. Simplement, vous ne saurez jamais rien de ce que cela veut dire, pour la simple raison que le désir ne peut se dire. L’appareil logique peut en démontrer la faille. Le désir est conçu  comme désinence du dire (la partie flexible de ce qui se dit) (illumination profane, cours 9)

Dans l’ensemble A on forme un sous-ensemble B de tous les signifiants qui ne sont pas éléments d’eux-mêmes. ( B comme définition englobante du sujet ).  B n’est donc pas élément de lui-même. Mais s’ il n’est pas élément de lui-même, alors il doit appartenir au sous-ensemble composé d’éléments qui ne sont pas éléments de même. Mais alors B est élément de B. Ce que nous avons exclu. B n’est donc pas élément de A.
Le sujet ne saurait être universalisé. Il n’y a pas de définition englobante par rapport au sujet. Ceci démontre non pas que le sujet n’est pas  Inclus dans le champ de l’Autre, mais que le point où il se signifie comme sujet est extérieur, entre guillemets, à l’Autre, c’est-à-dire à l’univers du discours.