Introduzione
Il
saggio Posizione dell’inconscio [in Scritti, Vol. II]
è la revisione di una relazione presentata nel 1960 a un convegno sull’inconscio.
Costituisce una svolta fondamentale nel lavoro di Lacan. Avrete studiato il
peso delle circostanze di questo saggio pubblicato nel 1964. Tre anni dopo il
convegno gli stessi allievi di Lacan che vi avevano partecipato furono coinvolti
nella “scomunica” dall’IPA.
Il
saggio venne scritto al termine del Seminario
XI, che si tenne nel 1963-64.
L’intenzione
di Lacan è chiara. Lacan è impegnato in un processo di riformulazione urgente
della sua teoria, che d’ora in avanti non è più concentrata sul ritorno a Freud
ma è pronta ad ascendere al rango di teoria
autonoma, e comprende la revisione della teoria dell’inconscio e la
pulizia da tutti i malintesi avvenuti lungo il suo cammino. Il saggio comprende
anche una replica ai suoi allievi Laplanche e Leclaire che, nel loro contributo
al convegno del 1960, avevano presentato una visione scorretta della teoria di
Lacan. Egli si riferisce alle loro faticose elaborazioni come al lavoro di un
meccanico (un meccanico di automobili), e in
particolare a uno di loro come a un contadino.
Gran
parte di questo saggio verte su quello che l’inconscio non è. È
un ri-formulare, un ri-posizionare ciò che l’inconscio è. Dopo quest’opera di
ri-posizonamento, che si conclude più o meno con le pagine che commenterò oggi,
Lacan darà all’inconscio
un orizzonte completamente nuovo e originale, un orizzonte che comprende il
reale. A partire dalla definizione valsa finora dell’inconscio come simbolico,
strutturato come un linguaggio, il lavoro di Lacan si è evoluto, fino a quest’anno
decisivo in cui l’accento vira sul reale.
L’inconscio
come reale, introdotto in questo testo, include la pulsione e il reale
intrecciati dentro i significanti che sono la causa del soggetto.
All’inconscio
come reale è data la giusta dimensione in questo testo, e tale nuovo punto di
partenza di Lacan rappresenta l’avvio del tema che stiamo studiando quest’anno
in preparazione al congresso della Associazione Mondiale di Psicoanalisi a Rio,
il Corpo Parlante, in linea con le
idee che Lacan ha sviluppato nel suo ultimo insegnamento. Il corpo parlante è
un altro nome dell’inconscio nel mondo contemporaneo.
Discussione
Le
pagine 835 - 839 degli Scritti si
presentano come un percorso molto denso e sintetico sull’inconscio nell’opera
che Lacan ha portato avanti fino a questo punto. La nozione di “posizione” che è contenuta nel titolo
di questo saggio, Posizione dell’inconscio, conduce al fatto che l’inconscio
non è un cosa, ma un dove, un luogo. E in diretta comunicazione
con questo dove è la concezione del tempo, non un quando, ma un là in quel momento.
Sulla
via della dimostrazione dell’inconscio come reale, Lacan rivisita le importanti
nozioni di luogo e di tempo, che, sappiamo, sono parti della costruzione del
Grafo del Desiderio. Il Grafo del Desiderio include l’importanza delle nozioni
di anticipazione e retroazione nel nostro parlare.
Quando
Lacan, a pagina 835, si chiede se la metafora e la metonimia, i meccanismi dell’inconscio
di Freud, siano effetti della parola o del linguaggio, evoca tutto il suo
lavoro degli anni ‘50, in cui ha preso l’opera di Saussure e quella di Jakobsòn per combinarle nella
propria teoria del linguaggio. Saussure si interessa a ciò che ha effetto sul
linguaggio, a ciò che cambia il linguaggio, mentre Lacan s’interessa a come il
linguaggio cambia il soggetto, o ha impatto su di esso. L’effetto del
linguaggio sul soggetto sta nel fatto che il soggetto si trova in relazione con
il linguaggio, oltre che in relazione con gli oggetti e con il godimento. Lacan
dice che il soggetto vivente, diviso dal significante, è un soggetto parlante
in cui la differenza tra il linguaggio e la parola è precisamente un
disgiungimento. Esiste un disgiungimento tra il linguaggio e la parola: la
parola è la linea dell’intenzione e del desiderio, il linguaggio è la linea
della catena significante nel Grafo del Desiderio. Le intersezioni, dove le due
linee si incontrano, sono l’Altro e il Significante. L’Altro è il luogo della
nostra risposta, perché la
domanda viene rovesciata dall’Altro in un messaggio, un messaggio che riceviamo
in forma invertita. Grazie al disgiungimento tra la parola e il linguaggio, il
messaggio che noi riceviamo ha un senso.
Il
linguaggio introduce la causa nel soggetto, che, grazie a ciò, non è causa di
se stesso. Certo, all’inizio di un’analisi molto spesso il soggetto pensa di
essere la propria causa. Ad analisi avanzata si realizza che il soggetto è
causato dal significante, e che lo è attraverso la sua subordinazione al
linguaggio. È perché c’è
il linguaggio che il soggetto è separato dal godimento, per esempio. È perché c’è il linguaggio che il godimento invade
il soggetto. Questa è un concetto che Lacan fissa nel Seminario XX, un paradosso che è stato abile a indirizzare e
chiarire: cioè che il significante è causa del godimento, e insieme ciò che
ferma il godimento.
La
causa del soggetto è il significante, e il significante rappresenta il soggetto
per un altro significante. Questa è la grande tesi di Lacan, e sulla base di
questa tesi il soggetto è essenzialmente ridotto a un significante. Il
significante può solo rappresentare il soggetto per un altro significante. A
questo punto dell’insegnamento di Lacan, la catena significante richiede che un
S1 sia seguito da un S2. In una fase più tarda un S1
è sempre seguito solo da un altro S1. Il significato, la funzione di
S2, è meno presente nel tardo insegnamento di Lacan, in coincidenza
con il fatto che nel mondo moderno c’è sempre meno significato attaccato ai
significanti. È a partire da Funzione e campo della parola e del linguaggio che
Lacan ci scoraggia dal capire e dall’identificare significati nelle parole dell’analizzante,
tuttavia le reali conseguenze di tutto ciò le delineerà solo molto più avanti.
Il
soggetto è rappresentato da un S1 che lo rappresenta per un altro S1.
Lacan usa il Grafo del Desiderio per definire il soggetto parlante: il
significante parla al soggetto, e il soggetto sparisce, diventa niente
in questa operazione, poiché è richiamato
dal significante. Un appello è fatto nell’Altro a un secondo significante perché il soggetto appaia (questo riguarda la
fine del Grafo del Desiderio, in basso a sinistra), e così abbiamo la
descrizione di come un soggetto diventi un soggetto, attraverso l’operazione
della parola e la sua interazione con la catena significante. Il soggetto è un
effetto del linguaggio, dice Lacan, e traduce una sincronia significante (la
catena significante) in una pulsazione temporale dello sparire della sua
identificazione (in un primo tempo). Il
desiderio risiede, o emerge, nel taglio significante della metonimia, mentre la
diacronia produce una sparizione. L’interazione tra sincronia e diacronia,
funzioni della relazione con il tempo, assomiglia a una complessa dialettica di
retroazione e anticipazione. Di che cosa? Del senso. In altri termini, il
soggetto di Lacan risiede nel disgiungimento tra linguaggio e parola. Dei due,
la parola è parte del soggetto e parte del linguaggio. Le leggi del linguaggio
sono meramente autoreferenziali, secondo Saussure. Un significante si riferisce
a un altro e poi a un altro. I significanti non si
riferiscono agli oggetti, né si
riferiscono al soggetto. Rappresentano. È altro dal riferirsi a qualcosa. Il
soggetto colloca l’Altro, i significanti, nel luogo della risposta alla sua
domanda, a ribaltargli la domanda, Chi
sono?, in un messaggio. Il fatto che apparentemente esistano delle risposte
nell’Altro produce il senso di una causa, l’idea di una causa. Lacan dice: “L’effetto del linguaggio è quello di
introdurre la causa nel soggetto”. Il soggetto non è mai la propria
causa. La sua causa è il significante. Senza significante non c’è soggetto nel
reale... Che cosa significa? Il significante rappresenta il soggetto per un
altro significante... $ scompare
sotto il significante. Il soggetto è nulla. Da qui chiama l’Altro. In questo modo
il soggetto si crea, diventa reale, dinamico, vale a dire una mancanza. Questo
gli dà il
senso di essere parlato dall’Altro, e questo è il modo con il quale il soggetto
apprende se stesso, dice Lacan. Così l’effetto del linguaggio è l’effetto del
soggetto, il che significa che il soggetto è un effetto del linguaggio.
Sul
Grafo, il primo movimento è:
“Il soggetto traduce una sincronia
significante in una primordiale pulsazione temporale che è la sparizione
costitutiva della sua identificazione”. Il secondo movimento è: il desiderio è fissato, come lo sono i
desideri inconsci. Questo accade nel taglio significante, nella metonimia,
mentre la diacronia (la storia) produce la sparizione.
Guardando in che modo la nozione di tempo faccia parte del Grafo
del Desiderio avremo un senso di come sia in larga misura il tempo la relazione
con il reale che ci orienterà. Lacan fa qui riferimento all’ultima
frase de L’interpretazione dei sogni:
“ è dal passato che deriva il sogno, in ogni senso. È vero, anche l’antica credenza
che il sogno ci mostra il futuro, non è completamente priva di fondamento di
verità. Rappresentandoci un desiderio come appagato, il sogno ci porta certo
verso il futuro; ma in questo futuro, considerato dal sognatore come presente,
è modellato dal desiderio indistruttibile a immagine di quel passato” [OSF,
Vol. III., p. 565]. Credo che questo paradosso del tempo e del senso ci dia la
più chiara indicazione sull’inconscio come un concetto che compare nel
presente. Quello che Lacan chiama taglio significante produce il soggetto dell’inconscio.
A partire da qui Lacan inserisce il fantasma $<>a che è
precisamente ciò che ci impedisce di vedere (che è anche la sua funzione) che
il soggetto è il desiderio dell’Altro, o, ancora, un effetto della parola. Il
discorso psicoanalitico (non ancora inventato) è l’unico discorso che tiene
conto di questo, che vuole dar testimonianza di questo. Non senza difficoltà,
come ogni parlante, perfino Lacan è soggetto a questa divisione che ci
impedisce la capacità di
parlare e pensare o ascoltarci contemporaneamente. Il pubblico di Lacan, come
tutti, o la maggior parte di noi, viene istruito in un sistema che non tiene in
conto l’effetto del soggetto. Egli accusa questo sistema scolastico, questo
insegnamento, di preparare i suoi studenti a “essere anestetizzati alla sorpresa della verità”. Le conseguenze
di non mettere in questione la causa sono molteplici, e convergono sull’operazione
della garanzia. Che cosa garantisce il mio discorso, le mie azioni, la mia
posizione nel legame sociale? Lacan risponde con una critica ed elenca i modi
secondo i quali viene fraudolentemente messa la garanzia che non esiste: può
essere l’autorità dietro
la quale ci si nasconde, l’opinione della massa che si prende come alibi per
evitare una personale valutazione, una
tautologia (il significato del significato di Ogden), o la fenomenologia, che,
facendola equivalere alla descrizione, toglie moltissimo alla causa. Sono
alcuni dei tanti modi di far resistenza alla questione della causa, e hanno
tutti in comune il render comune, o normale, l’accomunare,
il fare la stessa cosa, o l’appello all’identico
a sé,
come la “bella
compagnia” della garanzia. Questo è il significato della parola greca Κοινή =
il comune, l’in comune. Questo fattore comune deve essere messo
in questione. E colui che mette in questione può essere aperto all’esperienza
della psicoanalisi, dove la normalità viene
analizzata, non usata come garanzia, e dove è importante la differenza, la particolarità.
La
causa introduce la necessità di
differenziazione, e la condizione della garanzia di essere suscettibile alla
messa in questione. Nel training degli psicoanalisti, nell’insegnamento agli
psicoanalisti, e nelle comunità degli
psicoanalisti, come l’IPA che ha espulso Lacan, lasciar fuori la questione di
che cosa causi il soggetto e in che modo il soggetto sia portato via (non
esista) nel fantasma, porta a garanzie fraudolente come l’autorità e a concetti vuoti come l’analisi
didattica e la burocratizzazione della formazione.
La
psicoanalisi ha spirito scientifico in questa
misura: si occupa dello spirito della verità, e si tratta della verità dell’inconscio. Nessun’altra garanzia è
necessaria per formare analisti se non la propria analisi dell’inconscio. L’obiezione
che non sarebbe etico analizzare e formare un analizzante
allo stesso tempo (accusa portata a Lacan dai suoi stessi analizzanti) tradisce
la radice di questa obiezione, e in particolare l’idea che l’analista sia
garantito dalla posizione di anzianità o
di autorità, piuttosto che dal livello fino al quale ha analizzato il suo
inconscio.
Verte
sull’implicazione dell’analista, anche dell’analista didatta, nel discorso che
porta avanti in classe o in studio, il fatto che la posizione dell’analista nel
setting analitico appartenga all’insieme delle elaborazioni dei concetti e
della dottrina psicoanalitica. In una dottrina nella quale l’analista non sia
parte della concezione di pratica e di teoria, l’analista si nasconde dietro l’idea
di codice di condotta, della sua autorità e
anzianità, o in una sorta di personalismo. Finisce con il risultare quello che
Hegel descrive come anima bella, l’inganno dell’autocoscienza che assurge al
rango di certezza. Questa è la considerazione delle false gerarchie.
L’altro
asse che Lacan identifica è quello della falsa equivalenza:
la trappola della sintesi, le trappole dell’identificazione, che sono l’altra
faccia della stessa medaglia. Lacan vi si oppone, con l’insistenza sulla
differenza in psicoanalisi.
In
questo contesto, avendo già fatto
riferimento a Hegel con la citazione dell’anima bella, ora si riferisce alla aufhebung, che dice portarci a
vedere l’avatar della mancanza. Intraprende una piccola revisione del suo uso
dei concetti hegeliani per supportare la sua idea del soggetto.
“È
non evitando le implicazioni etiche
per la deontologia e il dibattito scientifico che l’anima bella verrà smascherata”, dice Lacan. Qui ci
viene presentata l’idea che l’anima bella – come un’espansione del problema dell’Io,
in perpetuo autoinganno sull’assunto dell’autocoscienza, della causa di se
stesso – sia qualche cosa di ingannevole, qualche cosa da smascherare, qualche
cosa che si pone contro lo spirito scientifico che Lacan menziona sopra.
Infatti, lo spirito scientifico segue la verità, e in psicoanalisi questa verità riguarda il soggetto e l’inconscio come
effetto del soggetto. Questa verità è dunque un tipo speciale di verità, non la
verità del solo significante, e non la verità della verifica, ma la verità dell’effetto soggettivo. La coscienza di
Hegel non arriva a questa verità. Non si tratta di autoconsapevolezza, e
nemmeno di identificazione e dis-identificazione. Quella
che Lacan chiama la sua Aufhebung, in
opposizione a quella di Hegel, è una motivazione per cui riconosce la struttura
del processo hegeliano, o la sua dialettica, ma mostrando questo ogniqualvolta
entri in gioco l’Altro: qualche cosa avanza, qualche cosa è fuori. Gli
avatar della mancanza, appunto. E vediamo anche che Lacan si trova in questo
testo nel momento molto reale e impellente di una Aufhebung, di un momento
conclusivo del lavoro della sua vita fino a questo punto. Per questo, dopo
questo paragrafo, entra nel tema di che cosa l’inconscio è (non non-è), un pensiero originale e nuovo,
dopo le polemiche.
Lacan dice che il suo seminario è un
luogo dove qualcosa può parlare, dove qualcosa può essere ascoltato: cioè l’inconscio.
Un posto dove qualche cosa risuona! Questo ricorda una caverna…
Ribattendo a una battuta fatta da uno
dei suoi ascoltatori, che il suo seminario è un luogo “dove lui parla”, Lacan rettifica che invece è il luogo da cui
può parlare. Il luogo, questa è la caverna, è un locus che risponde
al tempo, a una pulsazione, a un reale nel senso di un momento che conta, che
fa la differenza tra il dentro e il fuori, l’aperto e il chiuso. Esiste, ma è
un momento, un flash, un barlume, che sono tutte parole per descrivere un
improvviso comparire che in analisi significa, o indica, che qualche cosa deve
essere riconosciuto e afferrato.
Lacan dice che si può sperare di aprire
questa caverna solo se si sa chi sta chiamando dall’interno. Significa che si
tratta di conoscere i significanti, gli S1 del soggetto in analisi,
e di mettere la punteggiatura al discorso dell’analizzante
nel momento in cui questo S1 è in anticipazione, o risuona
retroattivamente.
Questa è la seconda traccia per l’inconscio
come reale.
La prima traccia era l’idea di
introdurre il tempo nella concettualizzazione. Il tempo nel senso di momento.
Naturalmente viene scartata l’idea, che in ogni caso non c’è mai stata né in
Freud né in Lacan, che l’inconscio sia un deposito di memorie, che il ricordare
renderebbe accessibile. No, ricordare non è altro che pensare, o
parlare, mentre è l’atto di parola a essere responsabile delle sorprese, dei
momenti, quindi dell’emergere dell’inconscio.
La seconda traccia dell’inconscio
come reale si trova qui nell’idea dell’apertura pulsante della caverna. Altro
non è che la descrizione che fa Lacan dell’oggetto a: il bordo, l’oggetto tagliato dal corpo, che emerge
dopo, in relazione con i significanti che causano godimento.
L’inconscio come reale
comporta godimento, il godimento dell’oggetto a che risponde, viene evocato, viene svegliato dall’
S1 che ha segnato il corpo del
soggetto.
Questo significa che l’inconscio
non è un contenitore (non può trasformarsi in un dentro, dice Lacan) e non è
una catena, ma una caverna che è sempre chiusa a meno che, ogni tanto, e di
solito in coincidenza con uno shock e una sorpresa, la caverna si apra e riveli
un luogo pieno di echi e di frasi, e di parole che hanno qualche cosa del
reale.
Il bordo, il
margine, sono nozioni che hanno a che fare con la differenziazione, e la connessione
tra due aree. Potremmo dire tra la parola e il corpo. Quando questa connessione
si apre, grazie a una parola che entra in risonanza con il corpo, il senso è sospeso,
o aperto. La chiusura del senso significa che esso rimane chiuso, sigillato.
Quando il senso è incompleto, separato da, sospeso, questo dà una chance
all’apertura di questa caverna risonante che connette la parola con il corpo.
L’analista deve operare
contro il significato chiuso. Troviamo un esempio di questo problema del
significato chiuso, che non dà accesso a un’apertura, nel fatto che il
linguaggio della psicoanalisi stessa è stato usurato, usurpato, catturato nella
cultura, assorbito in esso. È pertanto diffuso (come una bomba), non affilato.
Non colpisce più nessuno, il che senz’altro è, in un certo senso, il destino di
ogni discorso. Diventa un luogo comune. Per questa ragione bisogna re-inventare
un po’ di concetti di tanto in tanto per tener vivo il tutto. Se noi pensiamo
al linguaggio come alla caverna e alla sua monotonia come la caverna
addormentata e chiusa, allora nuove parole e nuovi significati possono aiutare
ad aprirla, aiutare a rendere il soggetto attento e non adagiato sul letto del
suo linguaggio.
La parte importante di
questa idea della caverna è senz’altro quella del bordo e dell’aprirsi e
chiudersi. Vediamo qui la struttura, le caratteristiche dell’oggetto, e
la sua relazione al godimento e al significante. L’oggetto come bordo, e l’inconscio
come struttura bordata. Che si apre e che si chiude, pulsando come un battito,
un ritmo che dipende da quello che lo suscita, che lo sveglia, che lo chiama
(dall’interno), e da quello che lo fa addormentare.
L’inconscio si apre
grazie a effetti di parola, ma chi lo chiude ? Lacan chiede: “Ci si renda qui conto che è il chiudersi dell’inconscio
a fornirci la chiave del suo spazio, in particolare l’improprietà di
trasformarlo in un dentro”. Ciò mostra come il chiudersi retroattivo di
una frase, che sigilla il suo senso, trovi qui posto. La combinazione di tempo
e di spazio, del tempo con lo spazio, mostra la dinamica, la vita, il presente
e la sorpresa.
L’esperienza del
chiudersi dell’inconscio, dice Lacan, potrebbe farci ri-aprire il dibattito
sulla causa, perché perpetua la ragione che subordina il soggetto all’effetto
del significante. La causa è la ragione per cui siamo toccati dal significante.
Presumiamo una causa, un’origine, perché il significante ce la suggerisce. Ma è
solo una suggestione. C’è una causa, perché c’è il significante. E il
significante ci fa avere l’idea che ci sia una causa fuori dal significante. La
concettualizzazione della causa cambia secondo il cambiamento della
concettualizzazione dell’inconscio. Stiamo lavorando sull’idea dell’inconscio
come corpo parlante, e, a questo proposito, come J.-A. Miller spesso ci
ricorda, è dal Seminario XX che la
causa, il significante come causa, cambia nel godimento come causa. Lacan
introduce il significante come causa efficiente e non causa finale. Il
significante è la causa efficiente del godimento, e possiamo dire, con questo,
anche del soggetto e dell’inconscio.
La causa finale è un’altra
cosa, è una nozione che è difficile introdurre nel caso della causa del
soggetto. La causa finale, d’accordo con Freud, sarebbe la morte.
L’idea di Hume di causa
ha più a che fare con l’idea di effetto. È un pensiero che si situa a un
livello pragmatico/empirico. Questo ha l’effetto di ciò che Lacan chiama “sciacquare via la causa”.
Il soggetto cartesiano,
causato da se stesso e non influenzato dal corpo, è pre-supposto dall’inconscio.
Ma non è così veramente. Ma la psicoanalisi è l’unica disciplina che comprende
l’inganno nella sua definizione del soggetto. Il soggetto dell’inconscio deve
pensare di essere autocausato. La parola, per parte sua, mostra che esiste l’Altro,
i significanti, il linguaggio, e ora Lacan termina questa importante parte del
testo dicendo che l’inconscio è il taglio tra la parola e l’Altro, in azione.
Ci riporta indietro al Grafo del Desiderio. Da questo taglio emergono le due
funzioni di alienazione e separazione.
Conclusione
Quello che dobbiamo introdurre, retroattivamente, è il fatto
che la psicoanalisi abbia luogo tra uno psicoanalista e un analizzante, e che
la ragione per cui si trovano entrambi in una stanza è che l’analizzante ha un
transfert e quindi parla sotto transfert. Jacques-Alain Miller nel suo Corso Silet, del 1994-95, ove fa un
lungo commento del Seminario XI,
imposta la questione così: “Lacan nel Seminario XI
definisce daccapo l’inconscio, in un nuovo modo, che calcola la struttura
temporale dell’inconscio. Esso oscilla tra l’aprirsi e il chiudersi. E
lo si può pensare in un modo: pensandolo in congiunzione con il transfert, che
è prima di tutto l’elemento che fa esistere l’inconscio, e che è anche un
qualche cosa che lo fa chiudere. Lacan, comunque, definisce in seguito il
transfert come la messa in atto dell’inconscio come sessuale, il che significa
che il transfert è sia simbolico sia reale, così come lo è anche l’inconscio.
Ciò che rende reale il transfert è il coinvolgimento della libido, del
desiderio, che unisce la realtà sessuale e l’inconscio”.
Miller sottolinea il movimento che Lacan fa di pensare l’inconscio
come reale: esso comprende il transfert, quale termine medio, nel quale
è coinvolto il corpo, consentendo l’idea che l’inconscio sia reale.
Possiamo fare un altro collegamento, cioè mettere a confronto
le nozioni del Lacan classico e del tardo Lacan. Nel tardo Lacan il corpo è in
primo piano: l’unica definizione del soggetto è che il
significante rappresenta il soggetto per un altro significante. Ciò
significa che il soggetto è essenzialmente nulla, non ha un’essenza, ma è una
rappresentazione. Per questa ragione la designazione del soggetto dell’inconscio
cambia nel tardo Lacan, quando introduce il termine parlêtre, essere parlante, al posto di soggetto, e al posto di
inconscio.
Nel Seminario XXIII
Lacan dice: “Potreste realizzare da quello che
vi ho detto a proposito della relazione dell’uomo con il suo corpo, che essa
dipende interamente dal fatto che, del corpo, del suo corpo, dice che lo ha.
Dicendo semplicemente suo, sta già dicendo che lo possiede, giusto
come un pezzo di arredamento. Questo non ha nulla a che fare con ciò che
consente di definire precisamente il soggetto, che non può essere definito
correttamente in altro modo che dicendo che è rappresentato da un significante
per un altro significante”.
Così l’intenzione di questo articolo, Posizione dell’inconscio,
è quella di muoversi dalla parte bassa del Grafo, quella del livello della
parola e del linguaggio, a quella più alta, il livello della castrazione, del
godimento e della pulsione. Questo è il livello del reale. Implicito in questo
movimento verso l’alto, c’è anche il cambiamento della clinica. La clinica che
deriva dagli sviluppi dell’insegnamento di Lacan, a partire dalla dottrina
aggiornata dopo il 1963, è una clinica che ha rimpiazzato il decifrare, l’interesse
per la metafora, con il concentrarsi sull’S1 e sull’a.
È qualcosa che Eric Laurent ci ricorda in gran parte delle sue conferenze e dei
suoi scritti. La nostra clinica, da clinica del significante e del senso, ha
preso già da molto tempo la direzione del significante e del godimento
senza senso.
Questa clinica nasce con questo articolo, La Posizione dell’inconscio.
Traduzione di Pietro Bertolotti
Revisione testo: Giuseppe Perfetto
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