Seminario del 14 dicembre 2013
Docente invitato: JEAN-LOUIS GAULT
Presentazione di Marco Focchi
Dopo anni nei quali ci siamo occupati di temi collegati più al sociale, al mondo contemporaneo, quest’anno abbiamo scelto invece un filone clinico. Lacan dava un’indicazione clinica: bisogna disangosciare, ma non decolpevolizzare. La via per disangosciare è quella che va dall’angoscia al desiderio, cioè quella che, in fondo, toglie l’ingombro, la presenza, l’incombenza dell’oggetto e lascia spazio perché il desiderio si manifesti.
Il testo di riferimento per le letture fondamentali di quest’anno è Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano. Un testo del ‘60, centrale negli Scritti di Lacan. Un testo in cui viene messo in forma, per la prima volta in uno scritto, il grafo che Lacan ha elaborato nel Seminario IV e nel Seminario V: “il grafo del desiderio”, come lo chiamiamo abitualmente. È lo scritto dove abbiamo il maggior sviluppo di Lacan sul tema del desiderio.
L’ultimo seminario di Lacan che è stato pubblicato in Francia è il Seminario VI, Il desiderio e la sua interpretazione. È contiguo a questo scritto, ed è il seminario in cui si conclude, nell’opera orale di Lacan, l’elaborazione del grafo. Questo testo degli Scritti è il più vicino al Seminario VI e ci dà dei riferimenti, delle coordinate importanti per leggere questo seminario, quando avremo il testo in italiano.
Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio è un testo che Lacan ha pronunciato di fronte ad un’assemblea di filosofi, quindi ritroviamo molti riferimenti ad autori filosofici: nella prima parte, quella che commenterà J.L. Gault, si riferisce in particolare a Hegel. Pur parlando a un’assemblea di filosofi, questi riferimenti sono però declinati da Lacan sempre in senso clinico. Le grandi figure hegeliane, come la “coscienza infelice”, sono utilizzate per illustrare le svolte della clinica. È anche un testo che prende congedo da una certa lettura della filosofia, e apre un nuovo orizzonte di pensiero: è uno scritto cerniera tra i riferimenti culturali di Lacan.
Relatore oggi è Jean-Louis Gault, analista di spicco del Champ freudien e membro dell’Ècole de la Cause freudienne.
Relazione di Jean-Louis Gault
Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano è un testo del 1962. È uno scritto tratto da un’esposizione orale pronunciata durante la partecipazione di Lacan a un congresso riunito a Royaumont sul tema della dialettica.
Lacan scrive nella prima pagina dello scritto: «Questo testo rappresenta la comunicazione che abbiamo fatto, a un Congresso riunito a Royaumont su iniziativa dei “Colloques Philosophiques Internationaux” sul tema: La dialettica, cui eravamo invitati da Jean Wahl, tenutosi dal 19 al 23 settembre dell’anno 1960». E precisa Lacan: «La data di questo testo, anteriore al Congresso di Bonneval da cui è uscito quello che gli fa seguito, che ce lo fa pubblicare: per dare al lettore l’idea dell’anticipo in cui è sempre stato il nostro insegnamento in rapporto a ciò che potevamo farne conoscere». Poco dopo il congresso sulla dialettica, si tiene a Bonneval, nel novembre del 1960, il congresso sull’inconscio freudiano, dove Lacan presenta Posizione dell’inconscio. Lacan ricorda che Posizione dell’inconscio, che viene pubblicato dopo negli scritti, è il testo che segue Sovversione del soggetto. C’è una relazione tra “sovversione” e “posizione”.
Ho riunito alcune riflessioni sulla prima parte di Sovversione del soggetto sotto il titolo: “Verità e sapere”. Per Lacan il problema sarà trattare il sapere accumulato da Freud e dagli psicoanalisti post-freudiani a partire dalla verità freudiana, cioè giudicare il sapere a partire dalla verità. Per noi è lo stesso problema: come leggere Lacan, come trattare il sapere accumulato da Lacan a partire dalla verità dell’insegnamento di Lacan? Non si tratta di giudicare gli enunciati di Freud o di Lacan a partire dal sapere, ma di discutere questi testi a partire dal movimento di verità che si ripercuote nella ricerca di Freud o nella riflessione di Lacan. La nozione del soggetto, che Lacan introdusse nella teoria analitica, fu il suo modo di risolvere l’antinomia tra sapere e verità. L’operatore messo in gioco da Lacan per trattare la tensione tra sapere e verità è proprio questo concetto di soggetto, che funziona a favore della verità. Per esempio, Lacan riferisce il suo concetto di soggetto al soggetto di Cartesio perché il soggetto cartesiano emerge come resto dello svuotamento del sapere.
Non c’è una dogmatica nell’insegnamento di Lacan. Lacan non si deve leggere a partire dal sapere come dogmatico, ma attraverso un sapere che si confronta con momenti di verità, cioè un sapere messo alla prova della verità.
In Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio incontriamo un’opposizione tra dialettica e struttura, introdotta da Lacan nella sua interpretazione dell’esperienza analitica. La prima parola che incontriamo in questo testo è “struttura”. Il testo comincia così: “Una struttura è costitutiva della prassi che si chiama psicoanalisi”. Questo scritto è animato da una tensione fra dialettica e struttura. Lacan aveva utilizzato la dialettica sin dall’inizio, a partire da Hegel, poi, come lui stesso dice, per sbarazzarsi di tutto “l’immaginario tanto apprezzato nella clinica”. La prima tappa necessaria, per ridurre il peso dell’immaginario nella psicoanalisi, fu introdurre la concezione strutturale dell’esperienza e della teoria analitica.
All’epoca di questo scritto, fra la fine degli anni ‘50 e l’inizio dei ‘60, in Francia c’era un dibattito su dialettica e struttura. Per esempio, l’introduzione della posizione strutturale di Lévi-Strauss, come nel suo libro sul Pensiero selvaggio del ‘62, si presenta come una critica della ragione dialettica di Sartre. L’emergere dello strutturalismo è una reazione all’esistenzialismo e alla dialettica. In Foucault, nel ’66, in Les mots et les choses per esempio incontriamo una critica de L’essere e il nulla di Sartre. Vi è dunque opposizione: o dialettica o struttura.
Lacan prende un’altra posizione. Per lui c’è la dialettica e la struttura, e introduce questa tensione tra dialettica e struttura nella sua riflessione sulla pratica e la teoria analitica.
C’è antinomia tra struttura e dialettica perché la struttura non è dinamica: è la struttura come l’aveva elaborata Saussure, come relazioni tra elementi morti, che non hanno vita. In questo senso, la dialettica introduce la dimensione della vita. Ciò che era determinante per la struttura era la sincronia, la struttura rigetta la dimensione del tempo della diacronia.
Lacan tratta questa tensione partendo da la dialettica della parola e la struttura del linguaggio. Tematizza l’opposizione come il problema centrale dei rapporti del soggetto con la parola e con il linguaggio. Il soggetto parlante dell’esperienza analitica è preso tra la dialettica della parola e la struttura del linguaggio. Questo è il problema che tratta Lacan, perché per lui non c’è accordo tra la parola e il linguaggio.
Per Saussure, per esempio, c’è accordo tra parola e linguaggio, non c’è tensione. Lacan ha commentato i diversi paradossi del disaccordo tra parola e linguaggio, parlando della follia del sintomo (il sintomo è la traduzione della tensione tra parola e linguaggio) e anche delle ricadute della scienza. Così, a pag. 796 degli Scritti, Lacan scrive: «Lo scienziato che fa la scienza è lui pure un soggetto, ed anche particolarmente qualificato nella sua costituzione, com’è dimostrato dal fatto che la scienza non è venuta al mondo per incanto. (…) Ora questo soggetto [lo scienziato] che deve sapere ciò che fa, si presume almeno, non sa ciò che già di fatto negli effetti della scienza interessa tutti». C’è una tensione dal lato dello scienziato tra il suo rapporto con la scienza e gli effetti della scienza nella civiltà, sa ciò che fa quando fa la scienza ma non può sapere niente degli effetti del suo sapere. Si ripercuote, a livello della scienza, la tensione tra linguaggio e parola attraverso questa tensione nel sapere.
La difficoltà che incontra Lacan è la posizione quasi insostenibile di una struttura del linguaggio dove opera un soggetto dialettico. Ciò che testimonia di questa posizione insostenibile è proprio il titolo: Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio. La parola “dialettica” si sposta, non è più in relazione con il soggetto, con la dialettica del soggetto della parola, ma Lacan ne ha spostato il luogo, in relazione con il desiderio. E nel luogo della dialettica del soggetto incontriamo la “sovversione” del soggetto. Con questo testo Lacan introduce una nuova concezione del soggetto: una definizione non dialettica del soggetto, bensì strutturale. “Sovversione” del soggetto avviene dopo una concezione della pratica analitica che Lacan aveva precedentemente presentato come “realizzazione” del soggetto. Nel Discorso di Roma l’obiettivo di una cura analitica è presentato come una realizzazione soggettiva. Ma, già nel Rapporto di Roma, Lacan aveva questa preoccupazione: una definizione strutturale del soggetto. Vi è uno spostamento, dalla dialettica del soggetto del senso verso una definizione del soggetto a partire dalla struttura del significante.
La prima frase è: «Una struttura è costitutiva della prassi che si chiama psicoanalisi». E a pag. 802: «Una volta riconosciuta la struttura del linguaggio nell’inconscio, quale sorta di soggetto gli possiamo concepire?». Prima la struttura. Struttura che struttura la pratica analitica. Struttura che definisce l’inconscio, e dopo Lacan tenta di definire un soggetto a partire dalla struttura dell’inconscio.
Precedentemente Lacan usava una definizione dialettica del soggetto: riferiva il soggetto ad un altro soggetto, attraverso l’intersoggettività, attraverso il desiderio di riconoscimento del soggetto. Tale definizione del soggetto dall’intersoggettività è una definizione del soggetto a partire dal soggetto, perché l’altro soggetto è un soggetto, dunque vi è un circolo vizioso nella definizione del soggetto. Non è un peccato il circolo vizioso, perché è una necessità, necessità di fondare una teoria a partire da qualcosa che non si può definire, ma in questa prima concezione della teoria analitica era il soggetto l’elemento che non si può definire perché si definisce tutto a partire dal soggetto stesso.
Precedentemente avevamo prima il soggetto e dopo veniva il resto, qui Lacan introduce prima la struttura e dopo il soggetto. La struttura è qualcosa che si instaura prima del soggetto. Prima Lacan poteva definire l’esperienza analitica a partire dal soggetto, qui la definisce a partire dalla struttura del linguaggio. “Una struttura è costitutiva della prassi che si chiama psicoanalisi”, prima Lacan non diceva questo, diceva che è il soggetto che è costitutivo della prassi che si chiama psicoanalisi. Questo è il rovescio operato da Lacan in questo scritto.
Lacan elabora la questione nell’ambiente intellettuale dell’epoca. La posizione di Lacan è molto originale perché adotta la struttura ma non rigetta il soggetto, e cerca una nuova definizione del soggetto a partire dalla struttura. Mantenere la nozione di soggetto era una contraddizione per gli strutturalisti, per esempio Lévi-Strauss non ha mai capito perché Lacan avesse mantenuto il concetto di soggetto nella struttura. Consideravano il soggetto come pre-strutturalista. Althusser e Derrida parlavano dell’arcaismo di Lacan a proposito del suo desiderio di mantenere questa nozione di soggetto.
Una volta riconosciuta la struttura del linguaggio nell’inconscio «quale sorta di soggetto gli possiamo concepire?». È il problema di Lacan in questo testo. Lacan introduce una problematica nuova. Con l’introduzione della struttura non si parla più di parola ma di catena significante: «L’inconscio, a partire da Freud, è una catena di significanti». Il soggetto è definito dalla catena di significanti. Il significante è l’elemento minimale della struttura, la struttura si riduce ai rapporti tra significanti, questo è dedotto dalla concezione della struttura di Saussure. A questo livello incontriamo un altro circolo vizioso: il significante è definito a partire dal significante, ciò indica che l’elemento che non si può definire è il significante, e a partire dal significante si definisce il soggetto. Lacan sostituisce alla dialettica la diacritica, la diacritica è la definizione di un elemento a partire dalla differenza con un elemento dello stesso tipo. La concezione saussuriana del significante dice che il significante si definisce soltanto come differente da un altro significante. Nella fonologia questo è chiaro, in italiano per esempio, distinguiamo due fonemi “r” e “l” perché c’è una differenza tra “rana” e “lana”, mentre nel giapponese “r” e “l” non si distinguono, c’è un solo fonema che copre il campo fonetico di “r” e”l”. Ciò è molto importante nella clinica, per esempio il commento di Lacan del sogno del padre che non sapeva di essere morto parte da questa posizione differenziale.
Riprendendo l’algoritmo saussuriano, Lacan definisce il significato come effetto del significante e il soggetto come un effetto del significante. Si tratta di una definizione del soggetto a partire dalla logica del significante. Definire il soggetto dalla logica non è definirlo a partire dal riconoscimento, com’era la sua posizione iniziale. Lacan mantiene la stessa parola “soggetto” ma ha un senso completamente diverso. Da Sovversione del soggetto il soggetto definito da Lacan è il soggetto dell’inconscio, precedentemente era il soggetto della parola, il soggetto che parla e che dava senso alla parola. Nella dialettica el soggetto, quando si trattava di un soggetto per un altro soggetto, il soggetto non era definito a partire dalla rimozione. Riconosciuta la struttura del linguaggio nell’inconscio, quale sorta di soggetto possiamo concepire? Nella logica del significante, il soggetto è rappresentato da un significante per un altro significante. Non si tratta più di un soggetto in rapporto con un altro soggetto, ma di un significante in rapporto con un altro significante a livello della catena significante.
Lacan parla di “sovversione” del soggetto non più di “dialettica” del soggetto. La parola “sovversione” vuol dire: soggetto sovvertito dal significante. In precedenza, era il soggetto che era creatore del senso, ora il soggetto è rappresentato da un significante, è un soggetto creato. Al posto del senso viene il soggetto e il significante è il padre del soggetto, il creatore del soggetto. Il problema della creazione, di cui Lacan aveva parlato, si sposta verso il significante, dando al significante il posto di creatore del soggetto.
Il soggetto è il soggetto dell’inconscio, non il soggetto della parola. Il soggetto non s’incontra più a livello della parola, a livello del discorso è un soggetto che sparisce. La questione che incontra Lacan è vedere come si presenta il soggetto a livello della catena significante perché il suo posto è stato rimosso, dunque non è più presente a livello della catena significante, si trova altrove che nel discorso concreto. Lacan mostra che se nel discorso concreto non incontriamo mai il soggetto dell’inconscio, lo lo possiamo incontrare altrove, e qui sta tutto il valore dell’opposizione fra enunciato e enunciazione. A pag. 802 Lacan scrive: «Una volta riconosciuta la struttura del linguaggio nell’inconscio, quale sorta di soggetto gli possiamo concepire? Possiamo tentar di partire, in una preoccupazione di metodo, dalla definizione strettamente linguistica di Io, Je, come significante: dove esso non è altro che lo shifter o l’indicativo che nel soggetto dell’enunciato designa il soggetto in quanto parla attualmente. Esso designa cioè il soggetto dell’enunciazione, ma non lo significa. Com’è evidente nel fatto che ogni significante del soggetto dell’enunciazione può mancare nell’enunciato». Abbiamo un enunciato senza il segno del soggetto dell’enunciazione. Lacan incontra il problema di come si presenta il soggetto a livello del discorso concreto, e la sua preoccupazione è di costruire un concetto di soggetto conforme alla struttura del linguaggio.
Questo soggetto, ritenuto nell’inconscio, è un soggetto inedito nella storia del pensiero. Lacan parte dal soggetto della parola, lo introduce nella struttura del linguaggio e, nello stesso tempo, si trova costretto a modificare la definizione di questo soggetto.
La frase iniziale di questo testo, «una struttura è costitutiva della prassi che si chiama psicoanalisi», rappresenta la destituzione del soggetto costituente, indica la sovversione del soggetto. Nella prima parte del suo insegnamento Lacan concepiva la cura, soprattutto la fine della cura, come una realizzazione del soggetto. Da questo momento deve cambiare la sua concezione e lo farà dicendo che la cura analitica si dirige verso la destituzione del soggetto. La parola “destituzione” del soggetto per caratterizzare la fine dell’analisi è in relazione alla concezione di un soggetto sovvertito dalla struttura.
In questo testo, il primo riferimento ad autori è Hegel. Lacan evoca Hegel come «un’agevole mediazione per situare il soggetto: in un rapporto con il sapere» (pag. 795). Lacan dice che la situazione del soggetto, come lui lo introduce nella psicoanalisi, la trova in Hegel. E situa questo soggetto, a partire da Hegel, nella sua relazione con il sapere. Il sapere è ciò che si definisce dalla coppia S1-S2, dalla relazione tra un significante e un secondo significante.
Lacan utilizzava Hegel sin dall’inizio, per esempio nel ’51 come guida per orientarsi nella pratica analitica quando commentò il caso di Dora (Intervento sul transfert). Ma in questo scritto si oppongono due tipi di relazione con il sapere: la relazione con il sapere del soggetto hegeliano e la relazione del soggetto con il sapere in Freud.
In questo testo Lacan si allontana da Hegel, relativizzando il suo riferimento precedente nel proprio insegnamento, per esempio incontriamo questa riflessione: «Donde il nostro riferimento puramente didattico, lo si sappia, a Hegel, perché si comprendesse, ai fini di formazione che ci sono propri, in che termini stia la questione del soggetto così come essa è propriamente sovvertita dalla psicoanalisi» (pag. 796). Lacan spiega la sua posizione rispetto a Hegel: è stato il modo di introdurre la questione del soggetto nella psicoanalisi. Il “soggetto” veniva da Hegel, ma come « riferimento puramente didattico». La parola “didattico” svalorizza completamente il riferimento a Hegel. Non è Hegel il teorico al quale ci si può riferire, è soltanto un aiuto didattico. Ma introduce qualcos’altro: Hegel per far intendere, «perché si comprendesse (…) in che termini stia la questione del soggetto così come essa è propriamente sovvertita dalla psicoanalisi». Ciò che Lacan dice è: 1. abbiamo introdotto la questione del soggetto a partire da Hegel per mostrare che, 2. in definitiva, questa nozione di soggetto è sovvertita nella psicoanalisi. Lacan risponde a lui stesso, perché era lui ad aver utilizzato la nozione di soggetto dialettico di Hegel, lui stesso aveva definito la fine dell’analisi come realizzazione del soggetto. Qui Lacan fa riferimento alla soluzione ideale di Hegel: «Torniamo per questa via al servizio che ci attendiamo dalla fenomenologia di Hegel: che segna una soluzione ideale, quella (…) di un revisionismo permanente, in cui la verità è in costante riassorbimento in ciò che ha di perturbante, in se stessa non essendo altro che ciò che manca alla realizzazione del sapere. L’antinomia (…) qui è supposta risolta in quanto immaginaria. (…) Questa dialettica è convergente (…) [verso] un sapere assoluto» (pag. 800).
È la posizione che Lacan aveva adottato in precedenza trattando dell’esperienza analitica, come una dialettica convergente, come una dialettica di integrazione. Ciò supponeva un soggetto compiuto nella sua identità a se stesso. Lacan rigetta tale concezione del soggetto hegeliano, commenta il percorso delle figure della coscienza nella Fenomenologia dello spirito affermando che «questa dialettica è convergente (…)». La prospettiva del sapere assoluto è interpretata da Lacan come equivalente alla congiunzione tra simbolico e reale, congiunzione del simbolico con il reale, «e questo che altro è se non un soggetto compiuto con la sua identità con se stesso?». Il riassorbimento completo della verità nel sapere assoluto, questa riduzione del reale al simbolico, suppone un soggetto compiuto nella sua identità con se stesso, «in ciò si legge che questo soggetto è già lì perfetto». L’ipotesi fondamentale di tutto il processo era un soggetto compiuto nella sua identità a se stesso. Lacan aggiunge: «Ed infatti è nominato come ciò che ne è il sostrato», il sostrato dell’operazione della conquista del sapere assoluto «si chiama», nei termini di Hegel, «Selbstbewusstsein, essere cosciente di sé, onnicosciente».
Se la nozione del soggetto si sottrae alla dialettica, “sovversione” vuol dire che il soggetto non è identico a se stesso, che non si compie, che la sua divisione è definitiva.
Lacan oppone l’infelicità della coscienza in Hegel al disagio della civiltà in Freud: «Chi non vede la distanza che separa l’infelicità della coscienza che, per quanto potentemente scolpita in Hegel, si può dire essere ancora soltanto sospensione di un sapere dal disagio della civiltà in Freud » (pag. 801). Disagio della civiltà che «non può essere altrimenti articolato che come il rapporto di traverso (in inglese si direbbe: skew) che separa il soggetto dal sesso?». Evidentemente, non incontriamo in Hegel questa considerazione del rapporto di traverso del soggetto con il sesso.
Come concepire una dialettica del desiderio senza una dialettica del soggetto? Lacan qui non parla del desiderio del soggetto, ma del desiderio dell’uomo.
C’è una difficoltà: Lacan incontra qualcosa che non è dialettizzabile. Lo sforzo di Lacan in questo testo sarà isolare gli elementi sui quali la pratica analitica si inceppa.
La dialettica è sempre la riduzione all’unità degli opposti, il confronto fra due concetti opposti si risolve nel superamento dell’opposizione, cioè nella sintesi. Ciò vuol dire che la realizzazione del soggetto, come reintegrazione, sarebbe una de-sovversione del soggetto. Si sarebbe potuto pensare all’esperienza analitica come un tentativo di superare la sovversione del soggetto. Ma questa sovversione è definitiva: qui s’inscrive da parte di Lacan l’elaborazione del soggetto dell’inconscio, conforme alla struttura del linguaggio, definito a partire dalla catena significante e delle formazioni dell'inconscio. La sovversione del soggetto è qui l’emblema del soggetto barrato. Come definire questo soggetto? Questo soggetto non si manifesta più in quanto tale, non possiamo parlare del soggetto che si presenta in se stesso, si manifesta soltanto attraverso la rappresentazione del significante. E la rappresentazione del soggetto attraverso il significante si vede soltanto dall’inciampo del significante. Lacan situa il soggetto attraverso il significante “ne”, nella frase : “je crains qu’il ne vienne» (pag. 802): c’è una divisione tra l’enunciato e l’enunciazione. Attraverso questo “ne” il soggetto dell’enunciazione dice “che non venga!”, attraverso questa struttura del linguaggio Lacan situa il soggetto dell’enunciazione. Adesso il soggetto dell’inconscio si manifesta a partire dai lapsus, dagli atti mancati, cioè da ciò che può mancare a livello della catena significante. «Per cui il posto dell’inter-detto, che è l’intra-detto di un fra-due-soggetti, è lo stesso in cui si divide la trasparenza del soggetto classico per passare agli effetti di fading che specificano il soggetto freudiano» (pag. 803). Lacan introduce queste parole inter-detto, intra-detto, parla di due soggetti: il soggetto dell’enunciato e il soggetto dell’enunciazione. È lo stesso soggetto o sono soggetti diversi? È lo stesso soggetto, è il soggetto sempre diviso. Lacan sottolinea questo “fra tu e tu” nel suo commento a Amleto. A un certo momento, Amleto si dirige verso la madre e gli dice “between you and you”; in un altro passaggio lo spettro si dirige verso Ofelia e parla del “between you and you”. Lacan, a partire da questo momento, punta verso, amplia, la divisione soggettiva, non fa un movimento di riduzione della divisione se non per mostrare il “tra tu e tu”: ciò che lo psicoanalista deve interpretare. «(…) per passare agli effetti di fading che specificano il soggetto freudiano nel suo occultamento ad opera di un significante» (pag. 803), con il significante il soggetto sparisce, per esempio nel seminario sul desiderio Lacan dice non c’è altro segno del soggetto se non il segno della sua scomparsa.
Lacan continua così: «(…) questi effetti ci conducono ai confini in cui lapsus e motto di spirito nella loro collusione si confondono, o anche là dove l’elisione è talmente la più allusiva nel ricondurre al suo covo la presenza (…). Perché la vostra caccia non sia vana, vana per noi analisti, bisogna ricondurre tutto alla funzione di taglio, di coupure, nel discorso, e la più forte è quella che fa da sbarra fra il significante ed il significato. (…) Solo questo taglio della catena significante verifica la struttura del soggetto come discontinuità nel reale» (pag. 803). Lacan definisce la struttura del soggetto come discontinuità a partire dalla struttura della catena significante, essa stessa discontinua. Il soggetto si presenta anche come sottrazione, come mancanza a livello del significante.
Da questo scritto, Lacan promuove un nuovo concetto del soggetto che non ha nulla a che vedere con la sua concezione precedente di un soggetto compiuto nella sua identità con se stesso. L’insegnamento di Lacan non avanzerà nella direzione della dialettica; l’ha mantenuta in relazione al desiderio, e questo fa problema.
Lacan sottolineerà elementi che non sono dialettizzabili: il desiderio è dialettizzabile, il godimento non è un elemento dialettizzabile, incontreremo per esempio il “non c’è rapporto sessuale”, “non c’è la donna”…
La dialettica, in questo testo, si mantiene in relazione al desiderio, ma si tratta del desiderio dell’uomo, non del soggetto. Desiderio dell’uomo che si forma in relazione al desiderio dell’Altro, «perché in esso il desiderio si lega al desiderio dell’Altro, ma è in questo anello che dimora il desiderio di sapere» (pag. 805). C’è una dialettica del desiderio perché il bisogno passa attraverso l’Altro, l’Altro del significante, e si ripercuote in una domanda. Emerge il desiderio, ma fino al punto in cui si stacca l’oggetto a.
Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano è uno scritto di transizione perché sta in una posizione insostenibile: mette in relazione il soggetto che non è più dialettizzabile con un desiderio che è mantenuto nella dimensione della dialettica. Posizione dell’inconscio indica un’avanzata.
Man mano che la dialettica perderà il suo valore, in Lacan diverrà centrale la problematica del fantasma.
In questa nuova concezione del soggetto introdotta da Lacan in questo scritto, il soggetto riferito al significante è un soggetto morto. Per esempio: «Io posso venire all’essere con lo sparire, dal mio detto» (pag. 804) parla del soggetto. E aggiunge: «Un sogno riferito da Freud nell’articolo: Formulazioni sui due principi dell’accadere psichico, contiene questa frase, legata al patetico su cui si sostiene la figura di un padre defunto come quella di uno spirito: Non sapeva che era morto» (pag. 804). Un uomo aveva perso il padre da poco, dopo la sua morte fa questo sogno: il padre è presente, vivo, nel sogno, parla con il soggetto e il soggetto aggiunge, parlando del padre, “non sapeva che era morto”. Per interpretare l’assurdità apparente del sogno, Freud aggiunge una parte della frase che considera mancante: dobbiamo aggiungere a “non sapeva che era morto” la frase “secondo il mio desiderio”. Questa è l’interpretazione che Lacan commenterà in cinque lezioni sul sogno nel seminario sul desiderio. In questo scritto aggiunge qualcos’altro: il sogno non tratta della relazione del figlio con il padre, ma della relazione del soggetto con il significante, «ne abbiamo già preso pretesto per illustrare la relazione del soggetto col significante» (pag. 804). Il soggetto che parla, il soggetto del significante, non sa che è morto.
Questo sembra un po’ assurdo se ci riferiamo al soggetto nel senso comune, al soggetto della parola, al soggetto della conoscenza, al soggetto psicologico.
All’inizio del suo insegnamento, Lacan aveva situato la dimensione della vita dal lato del soggetto, ora la vita non è più legata al soggetto ma sarà legata all’oggetto a, per esempio nella concezione che possiamo avere del parlessere, dell’essere parlante.
Lacan indica questo: «(…) è la morte a sostenere l’esistenza» del soggetto come soggetto del significante (pag. 804);
«In Hegel (…) è al desiderio che è attribuito il compito di quel minimo di legame con l’antica conoscenza che bisogna sia mantenuto dal soggetto perché la verità sia immanente alla realizzazione del sapere. L’astuzia della ragione vuol dire che il soggetto fin dall’origine e fino alla fine sa ciò che vuole. È qui che Freud riapre alla mobilità dove escono le rivoluzioni, il giunto fra verità e sapere » (pagg. 804-805). Il soggetto hegeliano sa e soprattutto sa ciò che vuole. Questo non lo incontriamo dal lato del soggetto freudiano: Freud apre l’opposizione tra verità e sapere, ciò vuol dire che il soggetto freudiano non sa ciò che vuole.
Dibattito
Focchi
Ti sei riferito al rapporto che questo scritto ha con Posizione dell’inconscio. Ci sono temi che si riflettono in un testo e nell’altro, per esempio la critica alla psicologia, al soggetto psicologico e a quello che costituisce idealmente l’oggetto di una scienza psicologica. Un “soggetto” che Lacan critica perché, dice, non è unitario. In Posizione dell’inconscio troviamo la formalizzazione di quello che già qui è accennato, quando Lacan parla della divisione del soggetto usando la formula del ne espletivo francese, che in italiano non abbiamo. Cosa ci dice Lacan in quelle parole?
Gault
Lacan lo segnala nella pag. 802. Il “ne” i grammatici lo considerano qualcosa di un po’ capriccioso. Il soggetto ha voluto dire così ma…, salvo che… Si sa sicuramente che Lacan aveva un collega psicoanalista e anche linguista, Pichon, che aveva scritto una Grammatica con un collega, Damourette. Lacan aveva letto questa Grammatica e ha trovato da essa parole che dopo ha introdotto nel suo discorso [Rif :. Des mots à la pensée. Essai de la grammaire de la langue francaise, Chapitre La Negation, http://www.valas.fr/IMG/pdf/Lac_act_damourette.pdf]. C’è una ricchezza immensa di commenti sulla negazione. La caratteristica della negazione in francese è che usiamo due termini per formulare una negazione. Per esempio, la negazione in italiano si dice così: “non parlo”, “non vado”, “non gioco”, ecc. Basta il verbo coniugato alla persona che gli conviene e il “non” che si mette davanti alla frase affermativa. Il francese ha una negazione particolare: si devono utilizzare due termini, due elementi, due pezzi. In francese “io parlo” è “je parle”, per formulare “non parlo” diciamo “je ne parle pas”. Damourette e Pichon chiamano il primo pezzo, ne, “discordanziale”, discordante, marca una discordanza tra enunciato ed enunciazione, una discordanza tra una posizione del soggetto e un’altra posizione del soggetto, una discordanza tra due posizioni del soggetto in relazione a ciò che sta dicendo. E chiamano il pas il preclusivo. Lacan ha preso da Pichon il “preclusivo”. “Preclusivo” vuol dire che qualcosa non c’è. La negazione comune fa intervenire i due pezzi, ma si incontra spesso in francese una delle forme negative che usano soltanto il ne discordanziale. Il ne discordanziale è discordante perché traduce due posizioni opposte del soggetto, traduce la divisione soggettiva: il soggetto vuole e non vuole, dice una cosa ma vuole il contrario. L’esempio che dà Lacan è “je crains qu’il ne vienne”, a questo dobbiamo opporre le frasi “Je crains qu’il vienne” frase affermativa, “temo che lui venga”, “non voglio che venga”, “spero che non venga”. “Je crains qu’il ne viennes pas”, “temo che non venga”, che apparentemente vuol dire che il desiderio del soggetto è diretto verso la venuta, “ vorrei che venisse”. Ma c’è una terza possibilità: “Je crains qu’il ne viennes”, dice una cosa ma nello stesso tempo il soggetto attraverso la piccola parola ne esprime un desiderio e nega, “vorrei non venisse ma temo verrà”.
Pozzi
Il soggetto è un effetto del significante, non del senso. Tuttavia, questo effetto non è lo stesso a seconda della struttura. Quello che ci ha esposto mi sembra vada nella direzione per farci capire in che modo questo effetto ha a che fare con la nevrosi. La questione sul ne e il pas sembra che introduca anche qualcosa che ha a che fare con la psicosi… le strutture divergono.
Gault
Qui “struttura” è “struttura del linguaggio”. Non c’è una struttura per il soggetto nevrotico e un’altra struttura per il soggetto psicotico. Il soggetto in quanto parlante, giacché introdotto nel linguaggio, è diviso dal linguaggio, ha a che fare con la struttura del linguaggio. Il soggetto emerge come effetto della struttura. Questo è generale, è trans-clinico. Per esempio Schreber testimonia della sua divisione dal linguaggio, come quando è confrontato con le frasi interrotte (allucinate) che lui deve completare. Si vede molto chiaramente che come soggetto del significante è sottomesso alla divisione, dal significante. Il soggetto Schreber, nel momento dell’allucinazione, si trova diviso tra un elemento Significante 1 e un altro elemento Significante 2. Possiamo dire che è lo stesso per ognuno di noi, per ogni soggetto che parla. A livello della struttura del linguaggio non c’è differenza. La differenza è che per Schreber una parte della frase è allucinata, l’altra parte è singolarizzata, assunta come parola sua. Una è rigettata nel reale, come allucinata, l’altra fa parte del suo discorso. La frase del sogno “il padre non sapeva che era morto” è un enunciato assurdo, ma questa parte non è allucinata, fa parte del discorso del soggetto che torna nel sogno. E anche il secondo elemento, “secondo il proprio desiderio”, fa parte del discorso del soggetto: il soggetto riconosce che aveva sognato questa frase, sua, e riconosce il desiderio che lui aveva avuto di vedere la morte toccare il padre. La divisione esiste per il soggetto nevrotico, la divisione esiste per il soggetto psicotico. Nel caso di Schreber, per esempio, la differenza è che il soggetto è confrontato col fatto che una parte dei suoi pensieri sono nel reale. Non può recuperare questo. Si mantiene questa divisione assoluta tra una parte degli enunciati del soggetto e un’altra parte degli enunciati del soggetto. Invece, nel caso del paziente di Freud una parte torna attraverso il sogno, una parte è rimossa, rimossa vuol dire che può tornare nel discorso del soggetto, il soggetto può riconoscere questo come suo. Schreber non può riconoscere la parte allucinata, una parte del simbolico è rigettata, è preclusa, e torna nel reale. Nel caso della nevrosi la parte rimossa fa parte del simbolico e dunque torna in una forma che non è reale, ma in una forma simbolizzata, nel lapsus, nell’atto mancato, nel sogno, ecc.
Visini
Quali possono essere le corrispondenze tra la struttura del linguaggio e quella dell’inconscio?
Gault
Lacan dice che la parola “inconscio” è una parola che ha mille sensi. In Posizione dell’inconscio Lacan parla di un inconscio molto preciso, lo qualifica, “freudiano”. “Inconscio” si è sempre mantenuta per lui una parola difficile da utilizzare, perché fa riferimento alla coscienza. Non si tratta di un elemento che non ha la qualità di essere cosciente, non si tratta di un “non ha”, ma è un elemento positivo. La difficoltà che è contenuta nella parola incosciente è che questa parola contiene un elemento negativo: in-cosciente, non cosciente. Alla fine del suo insegnamento Lacan aveva detto “non possiamo utilizzare un’altra parola perché questa parola è di Freud, ma a me non piace”, ed ha fatto tutto quasi un seminario intero su un diverso modo di parlarne, in francese aveva chiamato l’incosciente freudiano “l’Une bévue”, fa riferimento al suono della parola “inconscio” in tedesco “Unbewusst”. In francese “Une bévue” è un modo elegante di qualificare un atto mancato, si direbbe “una svista” in italiano. Parlare significa che manca sempre qualcosa nella frase. “L’Une bévue”, “l’Unbewusst”, l’inconscio”, sono la stessa parola che indica questo effetto di mancanza inerente al uso del linguaggio. Questo è il fondamentalmente effetto del linguaggio: rinvia il soggetto ad una mancanza di parola, e soprattutto la parola introduce la divisione. “Tu hai detto qualcosa ma cosa hai voluto dire?”. La frase, la più semplice, è sempre sottomessa all’interpretazione. La parola “buongiorno” può essere una dichiarazione di guerra per esempio. Si deve interpretare la più semplice parola. È quello che ha scoperto Freud. Questa divisione. Quando il soggetto parla si divide, e si trova diviso tra quello che ha detto e quello che avrebbe voluto dire. Secondo la concezione di Lacan, ciò che Freud aveva chiamato “inconscio” è legato allo statuto del soggetto che parla. Si dice qualcosa, c’è un enunciato, ma c’è al di là un pensiero, una intenzione più o meno inconscia che il soggetto non può dire, non ha detto. Il soggetto può recuperare questa parte che non ha detto, ma se parla, introduce di nuovo una divisione, e questa divisione tra dire e detto è irriducibile. Quando si parla di questi effetti, che Freud ha chiamato “formazioni dell’inconscio”, incontriamo la struttura articolata del linguaggio. Da qui la definizione che Lacan ha potuto introdurre del’ inconscio strutturato come un linguaggio.
Ramaioli
Concludevi dicendo che al tramonto della dialettica fa fronte l’ascesa del fantasma. Hai nominato il Seminario VI. Miller, nella presentazione del Seminario VI, dice che la questione del fantasma attraverserà tutto il seminario. Dunque, dal soggetto della dialettica, al significante, al fantasma.
Gault
Possiamo parlare del grafo. C’è questa differenza molto importante tra due piani del grafo, e questa separazione non la possiamo ridurre perché quando parliamo apriamo questa separazione. È lì che si situa il desiderio. Il desiderio indica la divisione tra enunciato ed enunciazione. Lacan situerà il desiderio in questo campo. La questione del desiderio, che è la questione del seminario VI, Lacan la riferisce a un oggetto molto particolare: il fantasma. È il fantasma l’oggetto del desiderio in quanto inconscio. Per sapere cos’è il problema che il soggetto incontra nella sua relazione con il desiderio si deve puntare verso il fantasma, fantasma che dà supporto al desiderio. Non si può fare una interrogazione sul desiderio al livello conscio. Nella struttura del fantasma incontriamo la relazione molto particolare che il soggetto ha con un oggetto, non è essenziale dire che questo oggetto è l’oggetto del desiderio, ciò che è importante è la struttura del fantasma nella quale il soggetto è implicato nella relazione con un oggetto molto particolare, immaginario all’inizio, dopo pulsione.
Trascrizione: Elsa Forner
Revisione redazionale: Giuseppe Perfetto
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