mercoledì 28 maggio 2014

Seminario del 15 marzo 2014. Docente invitato: Roger Litten

Grazie per avermi invitato a lavorare insieme con voi su questo testo. Forse questo momento di lavoro sarà poco consono, dato che farò un po’ di teatro. Si presenta sempre in questi casi il problema del supporto della voce, e della difficoltà tecnica per la quale possiamo trovare altri modi per sostenere la voce nelle sue possibilità di comunicazione. Si pone una questione qui oggi: come possiamo procedere nella lettura di questo scritto, perché non possiamo ignorare il tema del linguaggio né quello della voce. Lavoreremo attorno al problema della mancanza di una lingua comune poiché io parlerò in inglese perché non conosco l’italiano, e d’altro canto non sono sicuro di poter contare su una particolare fluenza nell’inglese da parte vostra. Questa situazione implica diverse esigenze per tutti noi. In primo luogo per voi che ascoltate, poiché dovrò far affidamento sulla vostra buona volontà e tolleranza, ma anche sul vostro interesse per la cosa analitica e le questioni che scorgete. Poi, per la presentazione stessa, in rapporto alle tempistiche e all’ampiezza di ciò che ci sarà possibile fare, dato che ho un certo numero di cose che mi piacerebbe provare a dire in rapporto a questo testo, ma non ho modo di sapere quanto andremo lontano dovendo affrontare queste condizioni. Più di ogni altra cosa dobbiamo riconoscere l’onere di questo compito a Katia, cui è stato affidato il ruolo di mediatrice e interprete poiché, in effetti, sarà lei a farsi voce oggi e ad avere il compito di tentare di trasmettervi in maniera intelligibile qualcosa di ciò che vorrei dire. Considerato tutto ciò, spetta a noi provare a trovare un modo di far funzionare questa difficoltà. Possiamo almeno aspirare a dischiudere uno spazio di malinteso costruttivo, uno spazio in cui poter aprire alcune questioni, porre alcune domande, anche se per non trovarvi necessariamente delle risposte. È un modo per cercare di mettere a fuoco la questione fondamentale di ciò che pensiamo sia trasmesso in un’esperienza come questa, l’esperienza che stiamo commentando oggi. 
Siamo consapevoli di lavorare insieme attorno alla lettura di un testo: Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio. Questo testo fornisce il punto di riferimento comune per il nostro lavoro di oggi, come pure è una piattaforma per la nostra discussione.
Innanzitutto, vorrei provare a dire qualcosa circa il più ampio contesto in cui si colloca questo particolare scritto, per capire la sua posizione nella vasta traiettoria del lavoro di Lacan, che ritengo fornisca una chiave importante per decifrare ciò che è in gioco nella lettura del testo stesso. È un testo che possiede tutte le difficoltà intrinseche a qualsiasi altro testo che sia contenuto negli Scritti. Eppure ha anche qualche difficoltà peculiare, potremmo dire che il testo è posizionato al limite di una rottura. Se diamo una formulazione più minimale della traiettoria del lavoro di Lacan, come una traiettoria dal desiderio al godimento, possiamo collocare questo testo precisamente sulla cuspide, al limite di questa traiettoria. 
Tenteremo di usare la scrittura per dare un supporto alternativo, e non dover fare affidamento solo sulla voce. 
Questa traiettoria è una semplificazione. Spero di fornire una chiave sia in estensione, nel vasto percorso del lavoro di Lacan, sia in intensione, in termini di traiettoria interna dell’argomento nel testo stesso, testo che ritengo sia importante riconoscere come un miscuglio, quasi contraddittorio in sé.
Per decifrare questo testo penso sia importante cercare di tracciarne la distorsione topologica interna di un argomento, che precisa la questione del soggetto del desiderio, il soggetto del significante, e arriva fino alla questione del soggetto del godimento. Speriamo di essere in grado di collocare all’interno di questa traiettoria tutte le contraddizioni e le questioni che, benché non del tutto inosservate, rimangono un abbozzo anche per Lacan stesso.
È possibile vedere questo testo sia come il culmine sia come un riepilogo del lavoro di Lacan nel decennio precedente, allo stesso tempo pone e formula delle questioni destinate a delinearsi e risolversi solo negli ultimi lavori.
Ora, come se questo testo non ponesse abbastanza difficoltà di per sé, abbiamo il problema associato dell’introduzione nel testo del grafo del desiderio, che Lacan dice chiaramente comportare l’intrusione di un elemento alieno con la propria storia. 
La parte di testo che tenterò di introdurre oggi è situata precisamente nel punto d’introduzione del grafo nella questione. Possiamo considerare il grafo come una mappatura topologico-formale, tale d’avere una sua storia e traiettoria. Sulla traiettoria Lacan specifica che non necessariamente coincide interamente con l’elaborazione della questione del testo. Potremmo, per esempio, ed è ciò che cercherò di fare in parte oggi, tracciare l’emergere e lo scomparire del grafo stesso lungo il lavoro di Lacan. Da un lato abbiamo l’elaborazione topologica del grafo del desiderio, con la sua storia, le sue origini, il suo scopo, la problematica a cui risponde, e dall’altro la questione del punto in cui il grafo è introdotto in questo testo, che di per se stesso delimita un punto d’intersezione e quindi un annodamento topologico.
Voglio provare a porre la domanda su come individuare il punto in cui il grafo stesso si trova introdotto in Sovversione del soggetto, perché credo possa portare a interrogarci su ciò che nel testo si può leggere in modo diverso, e fornire un registro differente, inconscio, del testo, per interrogarci sulla posta in gioco della questione.
Oggi vorrei usare la questione del grafo come punto di riferimento per aprire a un modo diverso di interrogarsi rispetto a ciò che è d’interesse nella questione trattata nel testo. Inizieremo cercando di individuare, di tracciare, il punto di emergenza e sparizione del grafo stesso nel lavoro di Lacan. Per quanto ne so l’uso del grafo da parte di Lacan, culmina proprio nella sua apparizione in questo testo. 
In prima istanza, possiamo anche considerare lo status del grafo come una forma di scrittura, ma più fondamentalmente, in rapporto alla questione della scrittura come una topologia nel contesto della più ampia questione del ruolo della topologia nell’opera di Lacan. Se ci accingiamo a considerare il grafo come tale, dovremo inserirlo nella serie degli schemi topologici proposti da Lacan, nei termini di un ricorso dello stesso Lacan alle risorse topologiche, più evidente nella fase finale del suo lavoro, quando arriva a realizzare il nodo borromeo. Diviene chiaro che la figura topologica è qualcosa che non può facilmente essere letto su una pagina, non può essere letta sulla superficie della pagina di un testo, ma è piuttosto qualcosa che deve essere manipolato, mostrato, praticato. Con questo, andiamo al cuore di alcune fondamentali questioni circa il nostro comprendere ciò che stiamo facendo. Si pone anche, sottilmente, un’altra questione associata: la relazione tra la forma del grafo, il suo tracciato, e la scrittura dei matemi a esso appuntati, perché il grafo di per sé arriverà a essere usa e getta, ma i matemi elaborati attorno al grafo assumeranno una vita propria, diventando parte del vocabolario comune aldilà della specifica lingua che ognuno di noi parla.
Quindi, abbiamo la storia indipendente del grafo nel lavoro di Lacan, qualcosa che ha in esso il suo punto di emersione e di sparizione. Ritengo sia più utile partire dalla questione della sparizione. Tutte le domande che tentiamo di afferrare sul grafo - cos’è, cosa significa, cosa fa, con quale scopo viene usato - possano essere poste a partire dal punto di sparizione, cioè dal punto in cui per Lacan il grafo diventa ridondante.
Se esaminiamo la relazione tra questo testo, Sovversione del soggetto, e il testo che gli segue negli Scritti, Posizione dell’inconscio, vedrete che le date in cui sono presentati risalgono una a settembre e l’altra a ottobre 1960, un mese di distanza. Eppure, averli così vicini ci mostra che essi puntano in direzioni radicalmente opposte nel lavoro di Lacan: se Sovversione del soggetto può essere considerato il culmine del lavoro della decade precedente, qualcosa che possiamo legare all’elaborazione piena della forma del grafo stesso, Posizione dell’inconscio è il testo che introduce le nozioni di “alienazione” e “separazione”, in altri termini punta a velocità massima alla tematica aperta poi dal Seminario VII al Seminario XI. A quel punto il grafo diventa ridondante e scompare dal lavoro di Lacan, benché rimanga per noi un importante riferimento. Se prendiamo seriamente in considerazione la questione che il grafo ci pone, dobbiamo considerare il punto in cui si prepara per l’elaborazione delle nozioni di “alienazione” e “separazione”, per trovare il punto in cui quest’elaborazione rende essa stessa l’apparato del grafo ridondante.
Questo è un modo per cercare di indicare la tracciabilità della storia del grafo, ed anche per tentare di individuare con maggiore precisione il suo punto di introduzione nel testo Sovversione del soggetto, e questo è un modo di pensare la questione in gioco nel testo.
Avendo localizzato il punto di sparizione del grafo nel lavoro di Lacan, vorrei anche tentare di indicare che queste questioni possono essere rintracciate nel momento fondante del lavoro di Lacan, quello che noi chiamiamo l’insegnamento classico. Questo punto d’origine lo possiamo collocare nel momento saussuriano di Lacan. S/s, a noi lacaniani si tratta forse dell’algoritmo più familiare, che quasi rende difficile ritornarci per dirne qualcosa ancora, è quasi l’assioma dell’essere lacaniano. Questo algoritmo costituisce il momento inaugurale della linguistica moderna, e il momento inaugurale dell’insegnamento più classico di Lacan. Esso fornisce il quadro della riformulazione da parte di Lacan della psicoanalisi come tecnica clinica, e le basi per la sua concezione della psicoanalisi come una possibile scienza del linguaggio. Ma penso sia importante sottolineare che il riferimento a Saussure è, in effetti, un indice problematico nel lavoro di Lacan se non diciamo che è un’origine che non coincide con l’inizio. Questo è Funzione e campo della parola e del linguaggio in opposizione a L’istanza della lettera nell’inconscio, proprio come un dispositivo per mettere a fuoco la questione del ruolo della linguistica strutturale come momento fondante dell’insegnamento classico di Lacan, perché potremmo suggerire che è la mancata sovrapposizione tra l’origine e l’inizio a rendere chiara la posta in gioco. La questione non è tanto l’influenza dello strutturalismo su Lacan, e nemmeno la questione delle risorse che Lacan prende dalla linguistica strutturale, cioè la questione degli strumenti che essa offre a Lacan in questo particolare momento di riformulazione clinica e teorica della psicoanalisi. Penso piuttosto che la chiave sia non perdere di vista la distanza che separa Lacan dallo strutturalismo, potremmo dire la distanza che lo separa dalla sua stessa origine, che è forse anche la chiave per capire ciò che Lacan prende dallo strutturalismo senza ignorare le difficoltà intrinseche del modello linguistico. Poiché è da quel punto che possiamo cominciare a tracciare il processo con cui Lacan inizia a distanziarsi dalle sue stesse influenze, che si rivela essere poi la chiave di tutte le formulazioni del suo lavoro più tardo. 
Naturalmente non possiamo ignorare l’impatto che il riferimento alla linguistica strutturale ha avuto su Lacan che, ovviamente, si situa quasi come un taglio nello sviluppo del suo stesso insegnamento, un taglio che ci darà il Lacan che ci è oggi familiare. Ma tende a oscurare, a gettare nell’ombra, tutta la formulazione precedente, e tutto ciò che viene prima del 1953 diventa la preistoria del suo insegnamento. Ciò non coinvolge solo l’elaborazione dello stadio dello specchio, del vecchio registro immaginario, ma anche quello che possiamo chiamare, in poche parole, il filone dominante della formazione psichiatrica di Lacan, che possiamo situare nella linea della tradizione fenomenologica di Jaspers, se siamo pronti a tracciare quella stessa linea indietro fino alla fenomenologia di Hegel. Tutto questo ci consente di porre la questione dell’influenza hegeliana su Lacan per metterla in relazione all’impatto che ha invece avuto il lavoro di De Saussure. Per vedere questa relazione - chiamiamola Hegel avec Saussure - vogliamo interrogarci sullo status della v, del velo: non è Hegel versus Saussure, é Hegel con Saussure, ma nelle formulazioni di Lacan è Hegel contra Saussure. L’uso delle lettere è un modo per individuare questa difficile alleanza tra Hegel e Saussure nel lavoro di Lacan, la fonte di molte tensioni irrisolte nelle sue formulazioni che possiamo collocare alla base di molte altre questioni che Lacan tratta negli anni ‘50, e in maniera più evidente in questo testo della fine del 1950 dove possiamo vedere Lacan lottare per liberarsi dall’influenza hegeliana o, perlomeno, provare a integrare Hegel con il riferimento alla linguistica strutturale.  
Potremmo dire che questo testo è il culmine del riferimento di Lacan all’influenza hegeliana, esattamente nello stesso modo in cui esso è il culmine dell’elaborazione del grafo. Vedrete alcune questioni sorgere proprio da questa congiunzione, complessificando le questioni stesse del lavoro, già intricato, di Lacan, sono riferimenti che diventano difficili da ignorare quando si prende in mano questo testo. Se consideriamo l’occasione per cui questo testo è stato scritto, una conferenza sul tema della dialettica, possiamo vedere come Lacan, attraverso questo testo, prenda precisamente le distanze dal riferimento hegeliano, che è, come spesso si ritrova in Lacan, il modo in cui egli cerca di distanziarsi da se stesso, dalle sue formulazioni precedenti. 
Anche se questo potrebbe essere un modo leggermente tortuoso di leggere il testo è un modo, però, per impostare una cornice che ci aiuti a riflettere sulla posta in gioco nel testo stesso, ed anche a trovarvi molte più specifiche questioni che possiamo formulare nel modo più rapido trattando la questione della rispettiva influenza di Hegel e Saussure su Lacan nei termini della relazione tra parola e linguaggio. È un modo di approcciare la questione. Ma se tentiamo di situare l’influenza di Hegel e Saussure in maniera separata, nei termini di questa distinzione tra parola e linguaggio, solo allora possiamo situare alcune delle questioni hegeliane sul lato della parola, della verità, del riconoscimento, dunque sul lato del soggetto parlante, il soggetto pieno della parola, mentre l’approccio scientifico allo studio del linguaggio, basato sulla distinzione tra significante e significato, lascia aperta la questione di quale sia il soggetto della linguistica come scienza. 
Possiamo provare a indicizzare la questione della presa di distanza di Lacan dalla linguistica strutturale focalizzandoci sul tentativo di Lacan d’introdurre la questione del soggetto in un campo ripulito dalla linguistica strutturale, in primo luogo proprio nei termini della relazione tra soggetto e significante, lasciando il soggetto situato inizialmente sul lato del significato. Perché la questione è il rapporto del soggetto al significante, soggetto che va sotto la barra, sul lato degli effetti di linguaggio: il soggetto può vedere se stesso come effetto di linguaggio, e non solamente come vuoto soggetto del linguaggio, che è un filone importante dell’epurazione di Lacan dalla dimensione immaginaria e psicologica del materiale psicoanalitico. 
Rimane la questione del posto del soggetto parlante, del soggetto della parola, ed è importante sottolineare come non è la stessa questione, poiché è complesso ignorare la questione del soggetto parlante al cuore della clinica psicoanalitica. Infatti, quando arriviamo a vedere alcuni riferimenti del Seminario VI circa l’iniziale elaborazione del grafo, vediamo che Lacan afferma abbastanza chiaramente che la distinzione tra il primo e il secondo piano del grafo implica il tentativo di indagare la relazione tra un primo stato del soggetto, come soggetto catturato dal linguaggio, e un altro stato del soggetto, come soggetto della parola, formulato chiaramente come soggetto che sa come parlare. Ora si ha la chiave per comprendere la relazione tra il grafo 1, all’inizio della sezione, e il grafo 2, alla fine: da un lato il soggetto del linguaggio, dall’altro il soggetto della parola. E abbiamo la questione corollaria della relazione tra quello che possiamo chiamare l’“Altro del linguaggio” e un’altra versione dell’Altro che possiamo chiamare l’“Altro della parola”, o l’“Altro del riconoscimento”. Bisogna vedere la natura di questa distinzione, che non è sempre chiara neanche a Lacan stesso: sia la distinzione tra soggetto del linguaggio e soggetto della parola, che la forma corollaria dell’altra distinzione tra l’Altro del linguaggio e l’Altro della parola o del riconoscimento. Questo ci aiuta a localizzare i punti in cui queste differenti nozioni non si distinguono o si sovrappongono nel lavoro di Lacan, per porre almeno la questione di dove egli sia costretto a distinguere, di dove divenga chiaro che non si tratta dello stesso soggetto, né dello stesso Altro. Perché potremmo dire che la nozione di Altro dell’Altro può essere situata esattamente su questa stessa linea, la quale termina, lo sottolinea Miller in relazione al Seminario VI, nel punto in cui Lacan introduce la formulazione “non c’è Altro dell’Altro”. Molto semplicemente, possiamo anche localizzare la nozione di Nome-del-Padre come qualcosa che lega insieme queste due nozioni eterogenee dell’Altro: da un lato l’Altro del linguaggio e della Legge, dall’altro l’Altro del desiderio, ed eventualmente del godimento. Perché siamo tentati di pensare che l’Altro del desiderio e l’Altro del linguaggio siano lo stesso Altro, senza interrogarci sul perché o come o cosa sia implicato. 
È il meccanismo di alienazione e separazione che mi trova così attento a chiarificare le questioni circa la relazione tra le forme del soggetto e le forme dell’Altro. Il grafo è il primo tentativo di Lacan di lavorare su alcune questioni, un tentativo di distinguere e articolare il soggetto vuoto del significante con il soggetto pieno della parola, così come l’Altro del linguaggio e del significante con l’Altro del riconoscimento e del desiderio. I due piani del grafo tentano di articolare tale questione.
Vorrei ora esaminare l’iniziale formulazione del grafo scritto all’inizio del Seminario V, nel primo capitolo, per poi trattare il ritorno di Lacan alla questione del grafo nei primi due capitoli del Seminario VI al fine di misurare la distanza che è intercorsa attorno alla questione del grafo, così come credo sia necessario tracciare la distanza che ha portato il grafo a essere preso in considerazione alcuni anni dopo. 
Se si ha qualche comprensione delle basilari manipolazioni del grafo, la questione non è solo tentare di capire i tre piani del grafo, come mostrato in questo testo, Sovversione del soggetto. Perché… con l’intento di portarvi i risultati della mia incapacità di cogliere ciò che è in gioco nel grafo… credo sia invece più utile capire qualcosa circa gli elementi del grafo, la sua costruzione e assemblaggio, in quanto, come viene presentato nello scritto, esso è qualcosa che si deve costruire, manipolare, praticare. Ed è in questo modo che lavoreremo con il grafo, invece di tentare di capire solamente quale sia il segreto del grafo.
Il primo capitolo del Seminario V e i primi due capitoli del Seminario VI sono i riferimenti per lavorare voi stessi con il grafo.
Vorrei fare riferimento all’introduzione degli elementi basilari del grafo nel Seminario V, facendo affidamento sulla vostra familiarità con il testo Sovversione del soggetto, per mappare i termini in cui Lacan introduce questi elementi fondanti del grafo a questo livello. Potremmo tracciare due modi paralleli in cui Lacan mostra la posta in gioco del grafo. Utilizzando il grafo come punto di riferimento per collocare questo testo, possiamo rintracciare quello che è in effetti l’inizio della fase classica dell’insegnamento di Lacan nel 1953, quello a cui mi riferivo come il culmine del Lacan classico con questo particolare testo, segnato dalla rottura tra Sovversione del soggetto e Posizione dell’inconscio, così come la questione dell’origine è segnata da una non sovrapposizione fra Funzione e campo della parola e del linguaggio e L’istanza della lettera.
Al fine di cogliere qualcosa circa Sovversione del soggetto il riferimento più utile si trova ne L’istanza della lettera: se si fa ritorno alla propria lettura difficoltosa di questo testo, spero siate in grado di vedere quante cose formulate nei testi successivi avessero già ricevuto una prima elaborazione ne L’istanza della lettera.
Anche le introduzioni del Seminario V e del Seminario VI, che apparentemente non sembrerebbero costituire degli importanti punti di repere per la lettura di questo testo, si rivelano, al contrario, dei riferimenti essenziali per comprendere il grafo - a me hanno fornito degli strumenti sorprendenti per afferrare ciò che Lacan sta facendo in questo testo. Nei primi due capitoli del Seminario VI Lacan rivisita il grafo: avrei sperato mostrarvi come possano essere letti, sezione per sezione, come un lavoro attorno agli argomenti del testo Sovversione del soggetto, non solo in termini di costruzione del grafo, ma anche in termini di altre elaborazioni, come ad esempio il ruolo del cogito in relazione all’imperativo freudiano Wo es war soll ich werden. Nel primo capitolo del Seminario V, Lacan fornisce una rapida panoramica del suo lavoro fino a quel punto, nella sua brevità è abbastanza indicativo di ciò che Lacan pensa sia importante del suo lavoro sino a quel momento. Lacan si propone tre brevi obiettivi all’apertura del Seminario V: vuole stabilire la funzione del significante nell’inconscio, vuole delineare la costruzione del grafo così come sottolineare le elaborazioni a venire, e vuole aprire la questione del motto di spirito come particolare forma di enunciazione. Potremmo quasi ritrovare la forma degli stadi della formulazione socratica, dall’universale al particolare, come una relazione tra la funzione generale del significante nell’inconscio e il motto di spirito come particolare atto del discorso, con una relazione tra questi due punti, o livelli, mediata e articolata dall’elaborazione del grafo. Credo che questa cornice non cessi di funzionare nei termini delle annotazioni che il grafo opera in Sovversione del soggetto. Ne L’istanza della lettera, come nuovo quadro per il suo lavoro, si trova una preliminare articolazione di molte tra le questioni che ritroviamo qui, come ad esempio la disamina della forma logica del cogito cartesiano in relazione all’imperativo freudiano Wo es war soll ich werden, o come l’introduzione dell’analisi linguistica dello shifter, aprendo all’articolazione tra il registro dell’enunciato e quello dell’enunciazione.
Tornando all’algoritmo fondamentale della linguistica, la distinzione tra significante e significato, mi sembra di poter dire che non sempre riusciamo così precisamente a distinguere e a chiarificare, ne abbiamo una serie di nozioni, ma non precisamente una chiara distinzione. Ad esempio, la distinzione tra codice e messaggio, e come questa sia in rapporto alla distinzione tra significante e significato, e la distinzione tra enunciato ed enunciazione, che opera una simile distinzione ma non del tutto sulla stessa dimensione. Tentiamo di riportare il tutto alla questione del linguaggio e della parola. Andrò diretto alla presentazione nel Seminario V degli elementi del grafo che sono introdotti innanzitutto attorno alla nozione di punto di capitone, alla possibilità di attraversare la barra tra significato e significante. Se l’importanza del momento saussuriano non poggia tanto sulla distinzione tra significato e significante, ma sull’introduzione del valore della barra come operatore, allora il momento fondante per la possibilità di una scienza del linguaggio si basa sul rendere convenzionale, arbitraria o contingente la relazione tra significante e significato, liberando dunque il significante a un infinito scivolamento della relazione tra significante e significato, un infinito scivolamento da un significante a un altro, lungo la catena significante, e introducendo, per converso, la questione di come legare insieme nuovamente significante e significato. È proprio il punto di capitone che possiede la capacità funzionale di legare insieme i due registri, in modo da produrre una stabilità del senso, una presa.
Nella prima versione dello schema L Lacan separa questi due registri come asse del simbolico e asse dell’immaginario, ponendo le questioni circa il punto d’intersezione dei due assi e ciò che in quel punto avviene. Nel Seminario V, l’introduzione dei due registri nel grafo è precisamente la stessa operazione del registro dello scivolamento del significante con la questione dello slittamento inverso del significato. Ora la questione è cosa succede nei due punti d’intersezione, e nel Seminario V potere vedere facilmente come l’introduzione della nozione diacronica della catena significante implica effettivamente una dimensione temporale per il punto di capitone che opera nel Nome-del-Padre. Lacan introduce la questione della dimensione temporale della successione e della diacronia con la produzione retroattiva del senso, in un effetto di après-coup o nachtraglichkeit. In questo capitolo del Seminario V, Lacan contrappone l’analisi linguistica, concepita come una presenza ideale della relazione tra un significante e un significato, che è esattamente dove la questione del punto di capitone e del Nome-del-Padre fu primariamente posta, con le condizioni per un’analisi del discorso che non ignori che il discorso implica una dimensione temporale. Lacan opera una piccola elaborazione della questione dell’après-coup: usa la nozione di frase o semantema come unità di analisi, mostrando che deve essere enunciata l’ultima parola della frase per poter comprendere la prima. Ai livelli più minimali è ciò che tenta di articolare nell’elemento fondamentale del grafo, aprendo a una dimensione topologica differente da un’iniziale analisi linguistica minimale della relazione tra significante e significato.
Il punto da non trascurare, nel primo capitolo del Seminario V, è che Lacan sostiene che tutte queste considerazioni valgano anche per la traiettoria dell’esperienza analitica. Nella logica temporale delle costruzioni del significato in una frase dobbiamo interrompere una frase a metà per tener aperta la questione. È solo l’enunciazione della parola finale che inchioda la significazione del primo termine. Significa che possiamo mettere il significante da un lato e il significato dall’altro, poiché è una questione di doppio ancoraggio attraverso la dimensione temporale del significante con il significato.
Più ampiamente, ciò che Lacan pone nel grafo rappresenta il percorso dell’esperienza analitica stessa. È solo la produzione della parola finale che inchioda la significazione di tutto ciò che viene detto prima. Dall’analisi minimale della questione logica proposta dall’elaborazione tra significante e significato si passa direttamente alla questione della fine dell’analisi. È la stessa topologia che viene usata per rendere conto della versione abbreviata della comprensione del significato dell’intera frase, ed è per questo che nel corso delle formulazioni di Lacan circa l’articolazione della fine dell’analisi il riferimento al grafo rimarrà la cornice principale per pensare alle varie questioni connesse, ad esempio la produzione dell’Ideale dell’Io come dipendente dalla produzione del significante dell’Altro che dà stabilità alle identificazioni del soggetto.

Nel tracciare i differenti elementi del grafo, l’introduzione del matema S di A barrato S(Ⱥ) indica effettivamente come il modello fallisca nel fornire un termine finale, il che vuol dire che il grafo aprirà tutte le questioni del periodo più tardo di Lacan circa la formulazione della clinica di fine analisi.

Trascrizione: Graziano Baratti
Traduzione: Sofia Gessi
Preparazione redazionale: Giuseppe Perfetto

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