Testo di riferimento: Il seminario VI, Il desiderio e la sua interpretazione
Su un sogno analizzato da Ella Sharpe
Cinque
lezioni del seminario VI sono dedicate al sogno di un paziente della
psicoanalista britannica Ella Sharpe: Lacan ne fa una disamina, mettendone in
luce i punti chiave e verificando gli effetti delle interpretazioni fatte dalla
psicoanalista.
Come
premesso dalla stessa Sharpe il sogno è complesso, il paziente lo definisce immenso, aggettivo di cui prendere nota,
che si rivelerà molto importante per l’interpretazione.
È
un sogno che Lacan ritiene paradigmatico delle difficoltà dell’ossessivo
rispetto al suo desiderio e alla sua sessualità.
Il paziente di Ella Sharpe: il padre e il sintomo
Innanzitutto
va premesso che il padre del
paziente era morto quando lui aveva
8 anni. Di lui dice di avere pochi ricordi, di non provare sentimenti: Ella
Sharpe evidenzia che nel transfert è l’analista stessa ad essere messa nel
luogo di questo padre morto. Difatti l’unica manifestazione transferale è
l'angoscia che pervade quest’uomo in prossimità del weekend. Preso in un
fantasma di onnipotenza il paziente crede di aver ucciso il padre e per Sharpe è
compito dell’analista interpretare il desiderio di sbarazzarsi di questo padre.
Sintomo
principale sono le severe fobie:
arriva in analisi perché intimorito dal possibile successo professionale come avvocato. Il paziente riferisce che le
ultime parole del padre sul punto di morte sono state: «Robert deve prendere il mio posto». Una frase equivoca: potrebbe
voler dire prendere il posto del padre come adulto ma anche quello del morto;
“il mio posto” è il posto dove si è ma anche il posto in cui il padre sta
morendo.
Sharpe
nota che la morte del padre ha rinforzato anche il fantasma inconscio della madre divoratrice: l’analisi ha il
compito di ridurre il timore dei desideri aggressivi del soggetto, vale a dire far
sì che il desiderio libidico cessi di significare la morte. È la posizione del
soggetto ossessivo, in perenne confronto con la morte e con l'aggressività. Fino
a quel punto dell'analisi il paziente si era mostrato mortificato, dunque il
rapporto stesso con il suo desiderio era mortificato.
Per
questa stimata analista, riconosciuta nella comunità psicoanalitica inglese e
citata più volte da Lacan, uno dei principi della sua pratica era di non interessarsi
troppo del sintomo – in questo caso l’inibizione
al lavoro –, quanto piuttosto alle
attività ludiche che il paziente praticava (sport e giochi).
La tosse, le associazioni e il sogno
Ella
Sharpe descrive questo paziente come un uomo con un grande controllo di sé ma anche
con una grande paura dei sentimenti. A questo proposito l’analista nota come
non lo sentisse mai arrivare ma un giorno lo avverte tossire mentre sta
salendo le scale che portano allo studio: una tosse debole, un colpetto di tosse.
L’analista vede in questa tosse qualcosa di nuovo che accoglie con interesse; si
trattiene comunque da richiamare l’attenzione tuttavia è il paziente stesso a
soffermarcisi: a cosa serva “quella tossetta”?
Da questa domanda il paziente produce
un fantasma: la “tossetta” è una di quel genere di azioni che accadono quando
si entra in una stanza dove ci sono due innamorati, serve ad avvertirli che
stanno per essere disturbati. Il paziente ricorda di aver fatto lo stesso
quando era adolescente, a 15 anni: suo fratello e la ragazza s’incontravano da
soli nel salotto e lui, quando era in prossimità, tossiva per annunciarsi. L'analista
domanda, allora, la motivazione della tosse prima di entrare nel suo studio: il
paziente lo ritiene assurdo perché non sarebbe invitato se qualcuno fosse dentro.
Emerge un altro fantasma: quando era
nella camera dove non avrebbe dovuto essere pensava che, per evitare che
qualcuno entrasse e lo sorprendesse, era pronto ad abbaiare come un cane così da
dissimulare la sua presenza. Avrebbero pensato: «Ah c’è soltanto un cane qua dentro!».
Il paziente allora associa un ricordo:
era con il suo cane in una stanza e questi si masturbava strofinandosi contro
la sua gamba; si vergognava di non averlo fermato, qualcuno sarebbe potuto entrare!
A questo punto racconta il sogno
terribile, interminabile:
«Mi ci vorrebbe tutta l’ora per raccontarlo.
Ma non si preoccupi; non l’annoierò con quello per il semplice motivo che non
riesco a ricordarlo. Ma era un sogno eccitante, pieno di eventi, di interesse.
Quando mi sono svegliato avevo caldo ed ero sudato. Deve essere stato il sogno
più lungo che abbia mai fatto.» (p. 161)
Il sogno, comunque non gli ha
provocato l’orgasmo. Tuttavia Lacan insiste molto sulle parole utilizzate dal
soggetto e condivide la conclusione tratta da Ella Sharpe a riguardo: è una
masturbazione del soggetto. Il paziente ammette nel colloquio, con vergogna,
che da giovane lui aveva masturbato un altro ragazzo.
Emerge qualche passaggio di questo
sogno: inizialmente il paziente sta facendo un viaggio con la moglie intorno al
mondo e c’è già una sfumatura graziosa, degna di nota, rispetto all'ordine dei
complementi circostanziali. La costruzione corretta in francese è «stavo facendo un viaggio intorno al mondo
con mia moglie» e non «stavo facendo
un viaggio con mia moglie intorno al mondo». La differenza è importante per
questo paziente perché muta il luogo
della donna, che Lacan interpreta come il luogo del fallo.
Il sogno riportato dal paziente è il
seguente:
«Stavo facendo un viaggio con mia moglie
intorno al mondo e siamo arrivati in Cecoslovacchia dove stavano succedendo le
cose più strane. Ho incontrato una donna per strada, una strada che ricorda
quella che le ho descritto negli altri due sogni recenti in cui facevo dei
giochi sessuali con una donna davanti ad un’altra donna.
A questo punto
[dice Lacan, ndr] l’autrice cambia i caratteri tipografici – a giusto titolo,
perché si tratta di una riflessione laterale: La stessa cosa è successa in questo sogno.
Questa volta era presente mia moglie mentre avveniva
questo incontro sessuale. Quella donna aveva un’aria molto appassionata – was
very passionate looking... – e qui c’è di nuovo un cambiamento tipografico,
a sottolineare un commento che è già un’associazione: e
mi ricorda una donna che ho visto ieri al ristorante. Era bruna con le labbra
piene, molto rosse e passionate looking
– stessa espressione, stessa aria passionale -, ed era evidente che se l’avessi
minimamente incoraggiata avrebbe risposto. Deve avere stimolato il sogno,
immagino.
Nel sogno la donna voleva avere un rapporto sessuale
con me e ha preso l’iniziativa, il che, come lei sa, mi aiuta molto. E qui commenta: Se
è la donna che prende l’iniziativa per me le cose sono più facili. Nel
sogno la donna giaceva sopra di me; evidentemente intendeva inserire il mio
pene nel suo corpo. Lo capivo dalle manovre che stava facendo. Io non ero
d’accordo e lei era così delusa che ho pensato di masturbarla - she was so disappointed I throught I would
mastrubate her. Ripresa del commento: Sembra così scorretto usare quel
verbo transitivamente. Si può dire «Mi sono masturbato» – I masturbated – ed è esatto, ma è sbagliato usare il verbo
transitivamente [ovvero “Masturbate her”, ndr].
La particolarità
del verbo inglese sta in effetti nel non avere forma riflessiva come c’è nel francese.
I masturbate vuol dire “io mi
masturbo”. L’analista non manca di storcere il naso a questa osservazione del
soggetto. Costui aggiunge alcune annotazioni confermative cominciando ad
associare sulle masturbazioni.» (pp. 162-163)
Ricorda che la vagina ha afferrato il
suo dito. Non ci ha messo il pene ma il dito. Segue, allora, una serie di
associazioni molto importanti in relazione all’orgasmo di questa donna: vede i
genitali davanti a lui e alla fine della vulva qualcosa di grosso sporge come
la piega di un cappuccio «era di questo che la donna si serviva per prendere il
mio dito. La vagina sembrava chiudersi intorno al mio dito» (p. 197). A partire
dalla domanda dell’analista il paziente aggiunge altre associazioni:
«C’è una caverna sulla collina dove abitavo
da bambino, ci andavo con mia madre. La sua caratteristica è che ha una sommità
sporgente, overhanging top, che
assomiglia ad un enorme labbro» (p. 197).
Quando era bambino pensava fosse il
labbro di un mostro. A questo punto il paziente associa alcuni jokes (scherzi):
«sul fatto che le labia – senso genitale
del termine labbra – sono disposte di traverso e non
longitudinalmente, ma non ricordo come suonasse, forse un confronto fra la
scrittura cinese e la nostra, che cominciano da lati diversi, o dal basso verso
l’alto. Naturalmente le labia sono side by side – cioè affiancate -, parallele, e le pareti della vagina sono
davanti e dietro, vale a dire una longitudinalmente e l’altra di traverso.
Penso ancora al cappuccio» (p. 197).
Questo significante, il cappuccio, è estremamente importante per
il soggetto in quanto ne indica la posizione
nel fantasma e nella vita.
La successiva associazione riguarda un
uomo durante una partita a golf, che gli promette di procurargli una borsa per
le sue mazze, confezionata con materiale che assomigliava a quello di una capote
di un’auto sportiva. Quest’uomo aveva un accento cockney, dialetto londinese, che
il paziente imita molto bene e ciò gli rammenta un’amica che fa imitazioni
molto riuscite alla radio. Quindi si accusa di ostentazione perché ciò lo
induce a parlare del suo apparecchio radio che capta tutte le stazioni, nello
stesso modo in cui l’amica trasmette, attraverso le onde radio, in tutto il
mondo.
Tra le interpretazioni dell’amica ve
n’è una di un uomo che canta una tipica canzone inglese: “Dove hai pescato quel
cappello, dove ha preso quella tegola”. Il termine tile, tegola, designa più particolarmente quello che talvolta viene
chiamato tube, ossia un cappello a
cilindro.
Insomma il cappuccio non lo lascia in
pace: emerge il ricordo della prima macchina e della capote che quando era
abbassata era fissata con delle cinghie,
altro significante di rilievo. Aveva l’abitudine di collezionare le cinghie, da
piccolo tagliava quelle di cuoio della sorella: questo desiderio non si accorda
con il fare qualcosa di utile. In verità era un rituale ossessivo, le tagliava
in modo compulsivo. Inoltre le cinghie si vedono nelle carrozzine dei bambini e
lui non ricordava che nella sua famiglia ci fosse una carrozzina ma soltanto la
sedia a rotelle di suo padre.
All’improvviso ricorda di non aver spedito due lettere per comunicare
l’ammissione di due membri al club, anche
se si era vantato di essere un segretario migliore del precedente. A proposito
di questa dimenticanza cita una frase del Book of Common Prayer, libro delle
preghiere della Chiesa anglicana che riporta come: «Oh well…We have undone those
things or to have done and there is no good thing in us», ovvero «abbiamo
disfatto le cose che avremmo dovuto fare». Lacan osserva che manca una frase
intera nella citazione del paziente, ossia «abbiamo fatto le cose che non
dovevamo fare». È sintomatico del paziente: è incapace di fare alcunché, per timore di riuscire troppo bene. Il
paziente mette questo in relazione con “non c’è niente di buono in noi” e,
segnala Lacan, quest’oggetto buono, il fallo, non c’è. Il significante “undone”, “disfatto”, “non-fatto”, lo rimanda
ai bottoni della patta, lasciati sbottonati, ripresi da un sogno in cui un uomo
gli dice di chiudere i bottoni della giacca. Questo significante lo conduce
nuovamente alle cinghie e al fatto di
essere stato legato al letto per non
cadere.
L’interpretazione
del sogno di Ella Sharpe
Sharpe riassume questo materiale seguendo
l’ordine d’enunciazione, e Lacan ne cerca la chiave d’interpretazione partendo
dalle ripetizioni come il cappuccio, le cinghie, il “non-fare”, l’inibizione.
Sharpe stessa trova che sia estremamente importante il momento in cui questo
sogno viene ricordato, ovvero dopo l’aver parlato del cane e più precisamente
secondo la sequenza:
arrivo in seduta ->
piccolo colpo di tosse -> associazione con l’episodio del cane che si
masturba sulla sua gamba -> ricorda il sogno.
Nell’istante precedente al ricordo del
sogno il paziente si identifica con un cane e perciò la significazione del
sogno è quella di un fantasma di
masturbazione. Lacan concorda con questa conclusione di Ella Sharpe.
Altro tema importante è quello della potenza, come mostrano vari elementi:
il sogno immenso, «il più lungo che abbia mai fatto»; il viaggio intorno al
mondo; l’amica speaker che parla a tutto il mondo; la radio che capta tutte le
stazioni, il cui racconto fa trasparire una sua certa soddisfazione a riguardo;
e infine riguardo al racconto dell’imitazione ciò che spicca è che lui e
l’amica imitavano uomini potenti.
Lacan s’interroga su questi fantasmi
di immenso potere, di omni-potenza, che nell’ossessivo prendono il crinale
dell’onnipotenza del pensiero. Sharpe si serve di una strana logica per spiegare
questo fantasma d’immenso potere: parte dal significante cappuccio che rimanda
al prolasso della caverna sulle colline visitava dal paziente insieme alla madre,
per arrivare a collegarlo con il fantasma di masturbazione, rapportandolo
all’idea dell’immenso potere della madre terra. La gigantesca caverna con le labbra sporgenti è la seconda
significazione importante del sogno.
Secondo Sharpe la ricchezza delle
associazioni intorno al cappuccio (labbra, labia, vulva, bocca, auto, ecc.) prova
che l’episodio della caverna sia un ricordo di copertura. Da piccolo avrebbe
visto gli organi genitali di una donna, probabilmente la sorella più grande di
otto anni o forse sua madre nuda e questa percezione sarebbe responsabile dei
suoi fantasmi di potenza: la donna bruna del ristorante presente nel sogno
potrebbe essere sua madre.
Il tema della masturbazione infantile lo si deduce dai sogni e dai ricordi in cui
il paziente deve abbottonarsi ma anche da quelli in cui il paziente si trova
legato con le cinghie al letto: queste scene vengono poi commentate dal
paziente il quale afferma che non c’è nulla che possa fare arrabbiare di più un
bambino che essere bloccato nei movimenti. Lo stesso sintomo della tosse
compulsiva va in questa direzione.
Ella Sharpe interpreta questo
materiale notando che il paziente non aveva voluto che la madre avesse altri
figli oltre lui: il tagliare le cinghie era un atto di aggressione nei confronti dei suoi rivali. Come manifestazione attuale dell’odio del
paziente è invece ascrivibile l’esempio della mancata apertura della lettera di
ammissione al club. Proprio da questo atto mancato si aggancia la dimenticanza
del significante undone che evoca i
bottoni della patta aperta. Il senso dell’interpretazione di Sharpe va verso la volontà di
esibizione del pene come volontà aggressiva: da bambino il paziente era
stato legato al letto perché si masturbava molto.
Anche il tema del non disturbare gli altri è molto presente: la sua tosse separa gli
amanti, lui ha molta cura di non disturbare gli altri, e ciò emerge con il
sogno della visita della regina alla sua città, nel quale emerge il timore che
la sua macchina si potesse bloccare nel bel mezzo del percorso della coppia reale:
situazione assolutamente imbarazzante.
Ecco allora che la tosse emessa prima
di entrare nella stanza non è che una pallida rappresentazione di una
situazione infantile in cui lui impedisce “il progredire della coppia reale”,
ovvero l’unione parentale, non per la sua immobilità, né per la discrezione, ma
per il movimento dei suoi intestini e per le sue urla.
Sharpe si sofferma anche sul fantasma
della vagina dentata che si
evidenzia dalla geografia sessuale del paziente: caverna, sporgenza, ecc. ma
anche le manovre della donna che vuole introdurre il pene, vengono interpretate
dall’analista alla luce dei fantasmi
aggressivi.
Nelle sedute successive il paziente si
lamenta delle leggere coliche stomacali che evocano le sue diarrea infantili; la
tosse va nella stessa direzione. Parla anche delle sue difficoltà con il gioco del
tennis: non riesce nella classica mossa di lanciare la palla in un angolo per
poi ribattere in quello opposto, ovvero non riesce a costringere il suo l'avversario
in un angolo (to corner) del campo. Sharpe mostra gli effetti delle sue interpretazioni
brutali:
1)
L'analista fa il paragone con il meccanico che
non è «riuscito a riparare l'auto di suo padre. Il meccanico è molto gentile così
che il paziente potesse essere in colera». Qui l'auto non è al posto del fallo,
la Sharpe non lo coglie e quindi non coglie essere un elemento inutilizzabile.
2)
Subito
dopo il racconto il paziente le comunica che per la prima volta dall'infanzia ha
fatto la pipi a letto: enuresi notturna.
Ella Sharpe però non coglie
nuovamente, anzi si sofferma sul fatto che il paziente, a un certo punto della
cura, riesca a confrontarsi con il suo avversario di tennis, giudicando il
tutto molto positivamente. Lacan segnala che quest’interpretazione ha invece
come effetto un’aggressione, una reazione transitoria, un sintomo, un’enuresi,
che invece la Sharpe legge come un primo contatto con la situazione infantile
in cui lui era il rivale del padre.
Lacan è meno ottimista in relazione a
questo sintomo e difatti il paziente fa un sogno finale nel quale, durante una
partita di tennis, afferra per il bavero un compagno che lo scherniva per il
suo gioco. Laddove Sharpe ci legge un’aggressività positiva, Lacan la vede come
più problematica.
La lettura di
Lacan
Nella sua interpretazione, Lacan, per prima cosa affronta la questione
dell’onnipotenza del soggetto. Nonostante
la stima di Lacan nei confronti di Sharpe, mette in questione tale assunto: c’è
davvero ragione di supporre a questo soggetto un desiderio di onnipotenza?
Forse questo desiderio di onnipotenza è in rapporto con il suo sintomo, cioè con
la difficoltà di lavorare, di mettere l'Altro all’angolo; forse c’è piuttosto una
difficoltà di manifestare la propria potenza.
Sharpe interpreta il desiderio del suo
paziente nel senso di un conflitto aggressivo, cioè immaginario, e l’argomenta
come ritorno di desiderio di onnipotenza; ma per Lacan quest’interpretazione
stessa resta sull’asse immaginario. Seguendo il materiale portato dal paziente
possiamo rendere omaggio alla sottigliezza analitica di Sharpe nel mettere il colpo di tosse al centro della
questione, ma Lacan rimprovera all'analista di non aver capito quello che il
paziente diceva, di aver ignorato la dimensione di messaggio insita in ogni
enunciazione, come riprende nel grafo a p. 178. Infatti, a p. 177, Lacan
osserva:
«Insomma, la
questione a proposito della tosse come messaggio è lì, con la sua forma di
punto interrogativo, nella parte superiore del grafo. Per consentire di
reperire il punto in cui siamo arrivati, vi metto anche la parte inferiore del
grafo che in un’altra circostanza ho definito dicendovi che è il livello del
discorso dell’Altro.
È evidente che è
qui che il soggetto è entrato nel discorso analitico e che pone lateralmente
una questione concernente l’Altro che è in lui, ovvero il suo inconscio. Questo
livello di articolazione è sempre incombente in ogni soggetto nella misura in
cui si chiede: Ma Lui [L’Altro in sé
stesso, ndr], che cosa vuole?
Non si tratta di
un enunciato innocente fatto all’interno dell’analisi. Non c’è alcun dubbio che
questo interrogativo si enunci a un livello che si distingue dal primo piano verbale,
quello dell’enunciato innocente, e che contrassegni il luogo in cui situiamo
quello che infine deve essere lo shibboleth
dell’analisi, e cioè il significante dell’Altro. Questo significante è
precisamente ciò che è velato al nevrotico, in quanto costui non conosce la sua
incidenza e si interroga a tal proposito. In questo caso egli lo riconosce, ma
è lontano dall’avere una risposta. Da qui l’interrogazione Che cos’è questo significante dell’Altro che è in me? [es. la
tosse, che cos’è questa tosse? Si pone come domanda dell’Altro nel soggetto,
ndr]
Per farla breve
diciamo, con termini adeguati all’inizio dell’esposizione, che il soggetto è
lungi dal poter riconoscere, e giustamente, che l’Altro è castrato, così come
non lo riconosce a se stesso. Per il momento, da quella posizione di innocenza,
o di dotta ignoranza, costituita dal fatto di essere in analisi, egli si chiede
semplicemente che cos’è quel significante, in quanto è significante di qualcosa
nel suo inconscio, in quanto è significate dell’Altro.»
La posizione del nevrotico rifiuta di
riconoscere la castrazione dell’Altro. La funzione del fantasma è di mantenere
l’Altro non castrato, di sostenere l’Altro. Secondo Lacan il paziente quindi va
al di là dell’analista mediante il colpo di tosse: è un’interpretazione
dell’analizzate che però non sostituisce quella dell’analista.
Quindi qual è l’obiettivo del
messaggio “colpo di tosse”? È una questione concernente l’Altro, è la domanda che
Cazotte, ne Il diavolo innamorato, ha
rappresentato con il diavolo che chiede «Che vuoi?». Il luogo a cui questa
questione punta è lo shibboleth
dell’analisi, la parola d’ordine, oggi potremmo dire password. Shibboleth è una parola che Freud
ripesca dall’Antico Testamento, data la difficoltà di pronuncia veniva
richiesta per capire se chi si aveva davanti fosse straniero.
Per Lacan, Ella Sharpe elide questo
significante nell’Altro: l’analista ascolta la tosse ma non interviene per non
distruggere questa manifestazione dell’inconscio, tuttavia ne prende nota. In
tutto questo movimento è l’inconscio che parla! Il soggetto porta qualcosa
senza sapere che cosa sia, anche l’analista non capisce, ma ne coglie
l’importanza per questo paziente sempre silenzioso, che arrivava sempre in
orario, e manifesta la sua presenza in questo modo.
L’inconscio dice che questa tosse è
involontaria, prodotta prima di entrare nella camera, deve avere una finalità,
quindi è un messaggio. La Sharpe ne domanda la finalità e il paziente risponde
che lo si farebbe prima di entrare in una stanza che ospita due innamorati. Al
di là del fatto che Sharpe non parli di messaggio, non è certo questo il
problema, la questione che Lacan imputa alla psicoanalista inglese è che
sopprima il terzo, riducendo la
questione sul piano dei due amanti che stanno insieme. Quel che importa a Lacan
è che ci sono due persone e una terza che non è nella camera, le due stanno
insieme quando il terzo è fuori; quando entra non sono più insieme. Ciò che si
evidenzia per Lacan è che la questione del fantasma sessuale sia piuttosto dal
lato dell’analista, mentre la domanda da porsi resta sempre: perché il paziente
tossisce prima di entrare nella stanza dell’analista?
Alle pp. 178-179 Lacan continua:
«Ella enumererà
le idee relative al motivo per cui uno tossisce – è così che prende le cose.
Certo, sono idee che riguardano la tosse, ma dicono già molto di più di una
semplice catena lineare di idee.
Si va già
abbozzando qualcosa che è stato individuato, per l’appunto qui sul nostro
grafo.
Ella Sharpe ci
dice che la tosse porta anzitutto thoughts
of lovers being together, pensieri riguardo ad amanti che stanno insieme.
Quello che ha
detto il paziente ve l’ho letto, e mi pare che non possa affatto riassumersi in
questo modo.
Se lo ascoltiamo,
l’idea che adduce è quella di qualcuno che arriva come terzo da questi amanti
che sono insieme. Arriva come terzo, ma non lo fa in un modo qualsiasi, giacché
si adopera per non arrivare da terzo in un modo troppo imbarazzante.
In altri termini,
è assolutamente importante puntualizzare subito che, se ci sono tre personaggi,
il metterli insieme implica delle variazioni nel tempo, delle variazioni che
sono coerenti, vale a dire che essi sono insieme fintantoché il terzo è fuori.
Quando il terzo è entrato non lo sono più – la cosa salta agli occhi.
Potete
giustamente dirvi che, se ci occorre una settimana di meditazione per venire a
capo di quello che il paziente ci apporta, così come ci serviranno due seminari
per coprire la materia apportata dal sogno e dalla sua interpretazione,
l’analisi potrebbe sembrare qualcosa di insormontabile soprattutto perché le
cose non potranno non gonfiarsi e noi saremo rapidamente sopraffatti. Ma in
realtà questa non è affatto un’obiezione valida, per la buona ragione che, in
una certa misura, l’essenziale sta nello schema che prende forma fin da subito.
Vale a dire che, quando il terzo è fuori, i due sono insieme e, quando il terzo
è dentro, i due non sono più insieme.»
Lacan dà molta importanza al fantasma
secondo cui il soggetto è: in una stanza, nel cappuccio, avvolto nelle cinghie,
dentro l’auto impedendo il passaggio della coppia reale; insomma si può dire
che sia sempre incappucciato.
Il soggetto è in uno spazio, in una
stanza, ma non desidera esserci e ha l’idea di dover avvertire della sua
presenza abbaiando come un cane. Si può dire che il fantasma si articoli come
la metafora del soggetto. Ella Sharpe parla di: «Fantasma di essere dove non dovrebbe essere, e di abbaiare come un cane
per mettere fuori pista la gente» (p. 180). Il rifiuto di questo fantasma è
dunque non essere lì dove è.
Per Lacan non è sufficiente capire un
fantasma ma bisogna analizzarlo nella sua struttura, perciò si sofferma anche sull’abbaiare. Il paziente immagina di
abbaiare in questo posto dove non dovrebbe essere. Abbaiare è un significante
nel suo fantasma e dice che egli è altro da quello che è: «L’abbaiare è qui il
significante di ciò che egli non è. Egli non è un cane, ma grazie a quel
significante il risultato è perfettamente ottenuto nel fantasma: egli è altro
da quel che è» (p. 182).
Si potrebbe scrivere questo
significante sullo schema nel posto dell’Altro ma non si sostiene lì, piuttosto
opera come metafora, e più precisamente come la prima metafora –
differenziandola dalla seconda quindi. Proprio dà qui Lacan parte per muovere
le sue critiche a Piaget e alla sua Psicologia
genetica e per farlo usa l’osservazione di un suo amico il quale gli aveva
raccontato che pur nominando il proprio cane solamente come “il cane”, il
figlio lo chiamasse con il termine onomatopeico “bau-bau”. Il bambino, in
quanto preso nel linguaggio, può costruire una catena significante come ad
esempio “il cane fa miao miao e il gatto fa bau-bau”. Il potere metaforico del
significante permette anche questo oscurare tutto; ciò permette di cogliere come
il punto focale non è l’onnipotenza del pensiero del soggetto ma semmai è la potenza del linguaggio! Ciò che è
veramente potente è la capacità di creare la metafora primitiva e il bambino,
con i suoi enunciati a volte paradossali – appunto, per esempio, “il cane fa
miao miao e il cane fa bau bau” – ci insegna come mettere alla prova il potere
significante della parola.
Nel suo fantasma il paziente dice «È un cane o C’è soltanto un cane e chiede di essere interpretato in modo
significante.» (p.187). Il cane è al posto dell’altro immaginario, qualcosa del
fantasma è abbozzato. Seguendo Lacan si può dire che la lettura di Sharpe
degrada il simbolico all’immaginario ma questa operazione non esclude la
funzione della metafora primitiva, piuttosto la suppone. A proposito del
ricordo del cane che si masturba sulla gamba del paziente ciò significa che il cane,
nel fantasma, è nel posto dell’altro immaginario, ma l’Altro non è assente, e
ciò lo si evince perché quando diventa testimone il soggetto sparisce per la
vergogna. Il soggetto è dunque preso tra il piccolo altro che non parla – ma il
cane è anche l’ideale dell’Altro – e l’Altro nel quale si va a parlare. Il
soggetto quindi sparisce tra questi due altri, ma sorge nel loro intervallo
attraverso il ricordo del suo sogno.
Nella sua dettagliata analisi Lacan poi
si sofferma in particolare sui jokes
a proposito degli organi genitali della donna, per segnalare l’errore di
ridurre il sogno all’immaginario, innanzitutto, egli dissipa l’idea che la
donna debba essere interpretata a partire dal fantasma della donna fallica.
Il cappuccio non
è il fallo della donna.
Lacan condivide l’interpretazione di Sharpe che prende il sogno come un
fantasma masturbatorio però, al contrario, dimostra che l’interpretazione
secondo cui questo fantasma sarebbe legato a un desiderio d’onnipotenza non è
corretta. Sharpe era una professoressa di lingua inglese, conosceva bene la
letteratura, aveva scritto su Shakespeare, aveva a lungo lavorato sulla
metafora, ma per Lacan confonde l’onnipotenza del soggetto con l’onnipotenza
della parola, però è proprio di quest’ultima che invece si tratta! Il soggetto
soffre di fobie che fanno si che il suo rapporto con la parola sia difficile,
un rapporto indispensabile per chi nel suo lavoro difendere con la parola,
argomentando i diritti dei suoi assistiti.
Il paziente non si serve della parola
se non per essere da un’altra parte. Sharpe deduce l’onnipotenza del soggetto
dal carattere enorme del sogno e non vede che quest’enormità del sogno, è su un
versante immaginario: alla fin fine la montagna ha partorito un topolino.
Anche la caverna gigante era servita a
Sharpe come argomento in favore dell’onnipotenza. Essa rappresenta l’organo di
una donna visto da un bambino, costui dovrebbe acquisire aggressività in aprés
coup per poterne essere all’altezza.
Lacan non lo intende in questo modo e
richiama l’attenzione sul fatto che il ragazzo lungo il suo sviluppo patisce
piuttosto che dell’impotenza, dell’inadeguatezza del suo pene. L’immagine
fondamentale di questo sogno è una sorta di fodero, di guaina, di guanto,
quindi nuovamente torna il tema della copertura, come con il cappuccio, ecc.,
ed è in rapporto a questa immagine che il soggetto situa il suo desiderio. Il
suo desiderio è invischiato nell’Altro: ciò è quello che significa l’immagine
del guanto.
Nella teoria di Lacan il soggetto non
è incluso nell’Altro ma deve situarcisi in un certo rapporto, rispetto
all’essere, ed è questo rapporto ciò che il paziente non ha raggiunto.
Partendo da questa lettura Lacan
fornisce una sua interpretazione del fantasma concernente l’aver bloccato il
percorso della coppia reale. Se l’analista vedeva nuovamente una manifestazione
dell’onnipotenza temuta dal soggetto stesso, Lacan invece sottolinea il fatto
che paziente ci vada nell’auto. Questa macchina ha una capote che evoca la
caverna, l’auto è per Lacan dunque un simbolo fallico, ma anche un simbolo
femminile: ferma la coppia reale, bloccando il percorso. Il pensiero è quello
di separare i genitori, la preoccupazione è quella di separare in essi i
principi maschile e femminile.
«Un'altra parte dei ricordi del paziente ci mostrerà
che c’è un certo rapporto fra lui e la congiunzione sessuale. Ce n’è stata una
nella sua infanzia, è incontestabile. Ma dov’era lui? Era nel suo letto e, come
vedrete, rigidamente fasciato con le lenzuola fermate da spilli. Abbiamo altri
elementi che ci mostrano il soggetto nella sua carrozzina, con delle cinghie,
delle corregge. Nella misura in cui è legato, tenuto fermo, egli non può godere
del suo fantasma, né può parteciparvi se non mediante quell’attività
supplementare, derivata, spostata che è l’urinare compulsionale. Di quella
specie di supplemento, di falso godimento che gli dà l’urinare constatiamo
frequentemente l’incidenza nei soggetti in relazione alla prossimità del coito
parentale.
Che cosa diventa egli in quel momento?
Precisamente quella partner di cui ci dice che ha così tanto bisogno di lui,
che è lui che deve mostrarle tutto, che deve fare tutto, che deve
femminilizzarsi. Nella misura in cui è impotente, se così si può dire, egli è
maschio. E non c’è dubbio che questo trovi delle compensazioni sul piano della
potenza ambiziosa. Ma nella misura in cui è liberato, egli si femminilizza.
Il problema risiede in questa specie di gioco
di prestigio, di doppio-gioco di non separazione in lui delle due facce della
femminilità e della mascolinità, in questo tipo di apprensione fantasmatica
unica, fondamentalmente masturbatoria, del desiderio genitale.» (pp. 211-212)
Il desiderio di separare i genitori e,
in questa operazione, di separare in essi il principio femminile e maschile è il
motivo che spinge Lacan a parlare di un fantasma
di ermafroditismo.
Ciò che si prospetta all'orizzonte dell'interpretazione
analitica non è nient’altro che una specie di circoncisione psichica. La vagina protesa è una specie di sacchetto
del prestigiatore, che si volta e si gira, Lacan non l’attribuisce alla donna
come similmente il cappuccio non è dalla parte della madre. Questa sorta di elemento
proteso è anche il prepuzio, da ciò la necessità della circoncisione psichica
come interpretazione.
Il fantasma di questo soggetto allora
ci mostra come tenuto fermo, legato, insaccato,
ovvero inibito… gode! Questa è
la posizione del suo godimento, un falso godimento di cui si approfitta. Lacan
dice che quando è impotente è maschio
ma quando si ribella si femminilizza,
per questo parla di ermafroditismo. Non è una metafora della donna ma è il
soggetto stesso preso nelle cinghie, nel cappuccio, ecc., e il problema del suo
desiderio è in quel doppio gioco di prestigio del separare le due facce del
maschile e del femminile.
Lacan vuole orientare
l'interpretazione mostrando la posizione di godimento del soggetto in questo
movimento tra l’impotenza e l’apertura che però provoca una femminilizzazione.
Nelle ultime pagine del capitolo XI Lacan
dà una lettura diagnostica di quel che chiama ermafroditismo psichico
e lo definisce accidente strutturale.
Parte dal concetto di afanisi
introdotto da Ernest Jones che aveva già commentato in un suo testo degli Scritti, In memoria di Ernest Jones: Sulla sua teoria del Simbolismo.
Possiamo ritenere questo passaggio del seminario come una prosecuzione di
quanto Lacan aveva già articolato in quel testo.
A p. 216 infatti dice:
«Egli l’ha
introdotto nel vocabolario analitico in modo interessante, e non possiamo
proprio considerarlo assente dall’ambiente inglese, giacché ha avuto un’ampia
risonanza.
Άφανισις vale sparizione, in quanto è così che Jones intende
questo termine».
Lacan aveva già usato questo termine
nel 1946 e non riducendolo semplicemente a sparizione: se per Jones si tratta
di sparizione del desiderio, Lacan si riferisce piuttosto alla scomparsa del
soggetto sotto il significante binario. Dunque se per Jones l'afanisi riguarda una
paura di scomparsa del desiderio, per Lacan è precisamente la castrazione ad
essere in gioco, cioè la simbolizzazione di questa perdita.
Nel caso della Sharpe non abbia uno
sparire ma un far sparire: la posizione
del soggetto è di non essere dove è. È anche in gioco un sottrarsi, ciò è in rapporto al fallo.
Il soggetto quindi si sottrae rispetto al fallo, lo fa sparire.
Qui emergerebbe con chiarezza l’errore
dell’afanisi di Jones, la quelle corrisponderebbe a un’articolazione
insufficiente, una forclusione parziale del complesso di castrazione. Per Jones
l’afanisi sarebbe più radicale della castrazione mentre per Lacan è necessario prendere
le cose in senso contrario. È precisamente perché c’è la castrazione che il
soggetto può aver paura della sparizione del desiderio.
Lacan approda quindi, nel suo commento
al caso di Ella Sharpe, a parlare del fallo attraverso Il sacrificio della dama tabù. È un elemento molto curioso che nel
sogno il paziente non metta il suo pene nella vagina ma bensì il suo dito. Per
Lacan questa non è semplicemente una masturbazione della donna ma piuttosto
quel che avviene è che masturbando la donna il soggetto masturbi allo stesso
tempo se stesso. Prima di tutto però è il gesto di uno che si sottrae, è un
escamotage per sottrarsi. È un atto di seduzione, un atto prestigiatorio, come
tirare fuori l’uovo dal cilindro, in questo senso riprende il “rivolta il sacco
come un guanto”.
La masturbazione ha qui un aspetto
sadico, perverso, Lacan insiste sull’ambiguità della frase inglese to get my penis, ovvero ottenere il mio pene. L’ambiguità, la
polivalenza del termine – guadagnare, afferrare, aggiungere, ottenere,
acchiappare – deve dissuadere dall’interpretare questa frase nel senso
dell’atto castrante della donna. Il supporre qui una divorazione del fallo da
parte della donna significherebbe approvare l’inganno del sogno.
Il sogno e le associazioni dicono che
il fallo non manca in questo sogno. Ci sono vari punti che lo mostrano
[evidenziando la dinamica della sparizione, ndr] ad esempio il paziente afferma,
in modo abbastanza assurdo, che non c’erano due bambini in casa o anche quando
cita la preghiera del Book of Common Preyer, inventa una frase che non c'è nel libro,
quando dice: «Non c'è niente di buono in noi».
A p. 223 Lacan dice:
«Devo dire che i
miei rapporti con il Book of Common
Preyer non risalgono a ieri. Mi limiterò a evocare il graziosissimo oggetto
creato venti o venticinque anni fa nella comunità surrealista dal mio amico
Roland Penrose, che per gli iniziati del circolo aveva fatto uso del Book of Common Preyer. Quando lo si
apriva, su entrambe le facce interne della copertina c’era uno specchio.
Ciò è molto
istruttivo, perché l'unico torto che si possa imputare a Ella Sharpe, a cui quel testo era sicuramente più
familiare che a noi, era di non aver segnalato che il brano del Book of Common Preyer non è affatto uguale alla citazione che ne fa il
soggetto. Costui dice: We have undone
– abbiamo disfatto le cose che avremmo
dovuto fare…, mentre il testo originale recita: We have left undone – abbiamo
tralasciato o non abbiamo fatto le cose…
È trascurabile
direte voi. Ma di seguito manca una frase intera della preghiera di confessione
generale, che rappresenta, per dir così, la contropartita: e abbiamo fatto le cose che non dovevano fare. Questo, il soggetto
non prova affatto il bisogno di confessarlo, per la buona ragione che in fin
dei conti per lui si tratta davvero sempre e solo di non fare le cose. Fare le
cose non è da lui. Proprio per questo aggiunge di essere totalmente incapace di
fare alcunché, per timore di riuscire troppo bene, come ha sottolineato
l’analista.
È già qualcosa, e
di non poco conto. Ma voglio arrivare a questo: al posto della frase mancante
il soggetto prosegue dicendo: …e non c’è
niente di buono in noi – non good thing in us. Questa è una pure invenzione
del soggetto. Nel Book of Common Prayer
non c’è nulla di simile. C’è scritto: non
c’è salute in noi. Credo che questo good
thing con cui opera la sostituzione sia precisamente ciò di cui si tratta: l’oggetto buono non c’è, è questo il
punto in questione. Abbiamo così un’ulteriore conferma che si tratta del fallo».
A p. 225 continua:
«L’analista ci ha
dato dentro dicendo al soggetto: il fallo è da qualche parte, molto lontano,
dentro di lei; fa parte di un’antica rivalità con suo padre; sta all’origine
dei suoi auspici primordiali di onnipotenza, alla fonte di un’aggressione di
cui lei subisce la ritorsione. Possiamo commentare solo che nulla nel testo
consente di cogliere qualcosa che si articoli in questo modo.»
Tra p. 227 e 229 Lacan esplica
finalmente la posizione del soggetto in
rapporto al fallo.
A p. 227:
«Stare sotto lo hood [il cappuccio, ndr] è in questo
soggetto una posizione davvero fondamentale. E l’analista lo sente. Tutto ciò
riguarda il ricordo cancellato del pram
ruota comunque attorno al fatto che egli è stato pinned in bed, vale a dire legato
al letto. Appare per altro chiaro che il soggetto ha delle nozioni molto
precise su quanto può provocare in un bambino il fatto di essere più o meno
legato, pur non essendoci nel suo ricordo nessun particolare che gli permetta
di evocarlo. Ma non c’è dubbio che a questa posizione legata egli ci tenga
molto.
Dunque,
l’analista è ben lungi dal lasciar trasparire nel gioco degli scacchi
quell’elemento di controtransfert che sarebbe troppo interventista, troppo
aggressivo.
[…p. 228]
L’accento di onnipotenza è posto dalla nostra analista su around the world. Io credo che il segreto dell’onnipotenza in
questo soggetto stia nel with my wife.
E per lui si tratta di non perdere questo.
In fin dei conti
è proprio questo che si tratta di misconoscere e che occorre però chiamare in
causa nell’analisi. Ma per fare ciò bisognerebbe che egli si accorgesse che sua
moglie è, in questa circostanza, l’analista.
Diremo che il
soggetto non vuole perdere la sua dama, alla stregua dei cattivi giocatori di
scacchi i quali immaginano che perdere la dama equivalga a perdere la partita,
quando invece vincere agli scacchi significa arrivare a quello che si chiama un
finale di partita. In un finale di partita la vostra facoltà di spostamento è
estremamente semplice e ridotta, avete il minimo di diritti – voglio dire che
il soggetto non ha il diritto di occupare una casella che è messa in scacco da
un altro pezzo in gioco – e con questi dovete trovare il vantaggio della
posizione. Si dà anche il caso che convenga sacrificare la dama, cosa che il
soggetto non vuole fare in nessun caso.
Perché? Perché
per lui il significante fallo è identico a tutto ciò che si è prodotto nella
relazione con sua madre. Qui si manifesta, come l’osservazione lascia
chiaramente trasparire, il carattere deficitario, zoppicante di quanto ha
potuto apportare il padre. Naturalmente ricadiamo nel versante già noto della
relazione del soggetto con la coppia parentale.
Tuttavia non è
tanto importante seguire questa via quanto invece mettere l’accento sul
rapporto molto nascosto, molto segreto del soggetto con la sua partner. Questo
rapporto è la cosa più importante da mettere in evidenza nel momento in cui fa
la sua comparsa nell’analisi.
[…] La prudenza
di cui il soggetto dà prova è esattamente ciò che lo mantiene in un rapporto
con il suo desiderio che lo impaccia alla stregua di un laccio stretto, come la
posizione pram-pinned della sua
infanzia, e che non può essere altro che fantasmatico. Bisogna cioè che egli
sia legato, in un pram o altrove, ben
stretto e fasciato, perché altrove possa esserci il significante, l’immagine,
di un’onnipotenza sognata.
E così che va
compresa anche tutta la storia dell’automobile, nella quale l’onnipotenza gioca
un ruolo fondamentale».
La Sharpe, dice Lacan, è una brillante
analista ma ha una concezione aggressiva del gioco che non le permette di
vedere questa posizione del soggetto in funzione del godimento. Da un lato l'analista
è molto prudente perché ha colto che il paziente vuole essere coperto,
protetto, è la sua posizione nella vita; dall'altra parte però interpreta in un
modo che produce un sintomo transitorio nel paziente: l’enuresi notturna.
Quindi l’interpretazione produce in lui un effetto un po’ forte.
Ciò che sfugge a Ella Sharpe è di
sapere dov’è il fallo e qual è il rapporto del soggetto al fallo.
Dov’è il fallo in questo caso? Il fallo in questo caso è la moglie, la
donna, le donne che per questo soggetto
hanno il fallo. Nel sogno il fallo è la moglie che il paziente non vuol
perdere, che non vuol, sacrificare, è per questo che è un cattivo giocatore di
scacchi perché a volte occorre sacrificare la regina.
Il fallo è la moglie del paziente con
il quale fa il giro del mondo, presente nel sogno ma senza essere in gioco.
Una supervisione
sui generis
Tutte queste parti del seminario
dedicate al commento del caso di Ella Sharpe, possono essere viste come una
seduta di supervisione, Lacan è
nella posizione del supervisore del caso, per segnalare la posizione del
soggetto. L’analista durante un’analisi è in posizione di oggetto e anche Ella
Sharpe lo è: oggetto causa. Come
oggetto l’analista è cieco, non vede dove si posiziona nel fantasma del proprio
analizzante, per questo la pratica della supervisione è indispensabile ad ogni
analista per reperirsi.
È un’operazione che Lacan aveva già attuato
varie volte nel suo insegnamento, si potrebbe dire che dall’inizio dal suo
insegnamento fino al seminario XI, ovvero dal Discorso di Roma fino alla sua esclusione
dall’IPA (Intenational Psychoanalytic Association), ha sovente fatto questo
lavoro di lettura dei casi clinici dei colleghi: basti pensare al caso di Ruth
Lebovici o al caso dell’Uomo della
cervella fresche di Ernst Kris o di quello di Lucia Tower che esamina nel
seminario X, o ancora di quello di Margaret Little. I casi di altri
psicoanalisti sono oggetti utili per l’insegnamento, anche perché questi casi a
volte erano complicati, e la rilettura di Lacan era un modo per chiarirli Una
volta che Lacan è stato scomunicato ha interrotto questo lavoro, però sono
tutti esempi che esplicano anche in che cosa consista la supervisione di un
caso nella pratica lacaniana.
Naturalmente sono supervisioni sui
generis, nessuno di questi autori è andato in supervisione da Lacan, ma la
rilettura di casi pubblicati ci permette comunque di coglierne i punti
essenziali di questo dispositivo, ovvero cogliere cosa sia l’inconscio e come
situarsi nella pratica analitica.
È inoltre interessante riprendere
questo sogno della prospettiva del prossimo Congresso Internazionale dell’AMP
che si terrà a Buenos Aires nel 2020 e si incentrerà sui sogni, sull’interpretazione
dei sogni, quindi questo caso potrebbe essere materiale di studio, insieme a un
sogno capitale come Il sogno di Irma
e, più in generale, tutta la Traumdeutung.
Revisione testo:
Alberto Tuccio